Welfare di condominio per l’assistenza agli anziani
Nel nostro Paese ci sono circa circa 6 milioni di over 65 con problemi non sanitari ma prima di tutto sociali e altri 4 milioni con lievi disabilità che però non richiedono un’assistenza sanitaria specifica e continua. In tutto una decina di milioni che, pur non avendo bisogno di assistenza sanitaria continua, da soli non riescono a farcela; e non hanno una situazione economica tale da potersi permettere un aiuto fisso in casa o la retta di una residenza per anziani. L’assistenza pubblica, d’altro canto, fa sempre più fatica a sostenere servizi adeguati e così si sperimentano nuovi modelli che potrebbero essere la soluzione possibile, soprattutto per coloro che sono ancora largamente autosufficienti. Ecco allora badanti condivise, portieri “sociali”, case comuni e care manager: ne hanno discutono gli esperti Congresso nazionale della Società italiana di gerontologia e geriatria (Sigg), che si è concluso domenica 29 novembre a Napoli.
Si stima che nelle strutture di ricovero italiane vi sia «almeno un 20% di degenze improprie che nella maggioranza dei casi derivano dall’incapacità di rispondere a bisogni di anziani rimasti soli che non riescono a compiere piccole azioni della quotidianità, ma non possono permettersi un aiuto neanche saltuario» sottolinea Nicola Ferrara, presidente Sigg. «I dati ci dicono però che l’80 per cento degli anziani, circa dieci milioni, ha una casa di proprietà – prosegue – e che nel 35% dei casi ci vive da solo: si tratta di appartamenti che nel 65% dei casi hanno più di quattro stanze, in maggioranza vecchie anche se in buone condizioni, ma nel 76% dei casi prive di ascensore, un problema che può incidere pesantemente sulla qualità di vita e sui bisogni dell’anziano». Uno stato sociale che «scricchiola, le esigenze socio-assistenziali degli anziani autonomi o con lievi difficoltà da una parte e le loro condizioni abitative dall’altra, ci hanno portato a interrogarci su come migliorare l’assistenza elaborando un’idea di vecchiaia in cui la casa e il condominio possono rappresentare un luogo privilegiato dove misurare soluzioni per un invecchiamento attivo» osserva Roberto Bernabei, presidente Italia Longeva. Per raggiungere questo obiettivo in varie Regioni sono stati già sperimentati modelli assistenziali “leggeri”. La badante di condominio, per esempio, suddivide le ore di lavoro tra più famiglie di uno stesso stabile e ogni famiglia paga le ore della badante in quote. È un progetto partito con successo dall’Emilia Romagna che si sta diffondendo in Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Puglia e Basilicata. Nel progetto “Pronto badante” in sperimentazione da sei mesi in Toscana, attraverso un numero verde un tutore interviene entro 48 ore presso l’abitazione dell’anziano quando si manifestano per la prima volta situazioni di disagio o di fragilità e, oltre a informare e orientare la famiglia sui servizi territoriali e sugli adempimenti amministrativi, può erogare un buono lavoro di 300 euro per un contratto di assistenza familiare. “Anche portieri e custodi sociali che tengono sotto controllo le esigenze degli anziani e monitorano il loro livello di salute e sono una vera e propria “antenna’”del medico di famiglia possono essere una strada per rispondere ai bisogni di anziani che vivono da soli, così come il cohousing o il silverhousing ovvero la coabitazione con persone, esempio studenti ma anche pensionati, per allontanare la solitudine e risparmiare, una scelta che senza speciali incentivi, dal 2001 al 2015 è cresciuta di quasi il 200 %» aggiunge Giuseppe Paolisso, past-president Sigg e Rettore della Seconda università di Napoli. «Si fanno poi sempre più spesso esperienze di case comuni, ovvero palazzi in cui alcune aree di servizio come le lavanderie e le cucine sono messe in comune, per conciliare le esigenze di privacy con la condivisione delle necessità della vita quotidiana» riprende Ferrara. Tutte iniziative che «mirano a rispondere in maniera efficace ai nuovi bisogni di una popolazione che invecchia – conclude il presidente Sigg – senza disperdere risorse in interventi inappropriati e con l’obiettivo di ridurre le disuguaglianze sociali e sanitarie, fra i principali determinanti di una ridotta aspettativa di vita attiva»