Virus Cina, Oms: rischio globale è elevato. Ora corsa al vaccino. Allo studio anche nuovi antivirali
Mentre l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato che il rischio globale derivante dal coronavirus cinese è “elevato”, ammettendo un errore nei suoi precedenti rapporti in cui riferiva che il rischio fosse “moderato” e l’epidemia accelera e provoca nuove vittime in Cina, la corsa per mettere a punto un vaccino contro il nuovo coronavirus è iniziata. Sono almeno cinque i team internazionali coinvolti nell’impresa, con l’obiettivo di bruciare le tappe per ottenere il prima possibile quello che normalmente richiede almeno due o tre anni di lavoro. E i primi test sull’uomo potrebbero arrivare in tempi record, «meno di tre mesi, a fronte dei 20 mesi del vaccino sperimentale per la Sars». A dirlo è uno dei massimi esperti di immunologia, Anthony S. Fauci, direttore dell’Istituto nazionale per le allergie e le malattie infettive del National Institutes of Health, l’agenzia del governo degli Stati Uniti responsabile della ricerca e della salute pubblica.
«I progressi della tecnologia collegati alla Sars hanno notevolmente compresso i tempi per il suo sviluppo», ha scritto Fauci nel suo ultimo saggio pubblicato sulla rivista scientifica Jama. Nel testo lo scienziato, con gli altri autori, ripercorre i due precedenti episodi di epidemie di coronavirus che inizialmente causarono il caos globale descrivendo i passaggi necessari per contenere quella attuale. «Sebbene la traiettoria di questo focolaio sia impossibile da prevedere – scrivono – una risposta efficace richiede un’azione tempestiva dal punto di vista delle strategie di prevenzione della diffusione, così come rispetto allo sviluppo e l’attuazione tempestivi di contromisure efficaci».
A questo proposito, nel paper si sottolinea come gli attuali studi stanno sviluppando antivirali e test diagnostici per rilevare rapidamente l’infezione partita dalla città cinese di Wuhan. E, soprattutto, stanno adattando gli approcci utilizzati con la Sars, per lo sviluppo di vaccini candidati.
La ricerca di “emergenza” vede impegnate equipe di esperti del National Institutes of Health, dell’Università di Queensland in Australia e delle aziende statunitensi Moderna Therapeutics e Inovio Pharmaceuticals. Ognuno dei team principali verificherà un approccio diverso allo sviluppo del vaccino e a finanziare gli studi è la Coalizione per la preparazione alle epidemie e l’innovazione (Cepi).
Sul fronte italiano Rino Rappuoli, scienziato italiano celebre nel mondo proprio sul fronte vaccini è più cauto, sottolinea all’Adnkronos Salute come «accelerando al massimo, grazie alle nuove tecnologie, un vaccino contro il nuovo coronavirus potrebbe essere pronto all’uso in 1-3 anni. È chiaro che più imminente e grave è la minaccia di una malattia, più gli scienziati e le aziende si prendono il rischio di accelerare, facendo una approfondita valutazione rischio-beneficio. Ma per il coronavirus è troppo presto per dirlo. Potrebbe essere una “bolla” che si riesce a contenere e poi scompare, come è successo tante volte, oppure una cosa seria. Se continuasse a circolare bisogna considerare che è un virus non altamente letale, ma molto contagioso, simile a quello dell’influenza. E l’influenza ogni anno provoca milioni di morti», fra i pazienti più fragili precisa l’esperto. «Il coronavirus oggi rappresenta un allarme considerevole e sta tenendo la gente col fiato sospeso – prosegue lo scienziato – dal punto di vista scientifico si può dire che riguardi principalmente la Cina in questo momento. E i cinesi l’hanno preso sul serio, hanno chiuso intere città e preso tutte le misure del caso, oltre ad aver messo a disposizione della comunità scientifica tutti i dati sul virus».
«La prima cosa da fare oggi, dunque – conclude Rappuoli – è pensare al contenimento, perché non ci sono né vaccini né farmaci specifici. L’organizzazione Cepi ha attivato delle collaborazioni, soprattutto con start up e società di biotecnologie innovative e ci sono diversi gruppi al lavoro. Anche noi come Gsk siamo in contatto con loro, siamo allerta e pronti a mettere a disposizione la nostra esperienza se ci dovesse essere bisogno di noi».
Infine, la Società italiana di Igiene, medicina preventiva e sanità pubblica (SItI) in una nota ribadisce la necessità di «agire in tempi rapidi per prevenire la diffusione della patologia, mediante azioni efficaci, tempestive e coordinate a livello nazionale e internazionale. Le strutture sanitarie del nostro Paese» continua la nota «sono già in grado di identificare i casi di infezione da nuovo coronavirus, grazie alla rapida attivazione della rete di sorveglianza costituita dai laboratori di riferimento regionali coordinati dall’Istituto superiore di sanità e già operativa sul fronte della sorveglianza dei virus influenzali: questo consente, nonostante l’attuale carenza di informazioni circa le modalità di trasmissione e le manifestazioni cliniche del nuovo coronavirus, di attuare i principi cardine di prevenzione e controllo delle malattie trasmissibili, ovvero la rapida identificazione dei casi e l’applicazione delle precauzioni standard e aggiuntive per limitare la diffusione dell’agente patogeno».
La SItI, conclude la nota «è schierata in prima linea con i propri professionisti, impegnati sui diversi fronti relativi alla gestione dell’epidemia (scientifici, assistenziali, organizzativi), per difendere e preservare la sanità pubblica nel nostro Paese e nel mondo».
Fonte Docotr33