Tumori del sangue, i futuri scenari terapeutici al Congresso della Società italiana di ematologia
Ogni anno si registrano 33mila casi di tumori del sangue ma i nuovi farmaci e le Car-T cell hanno rivoluzionato la cura di alcune di queste patologie. A discutere delle principali e più diffuse tipologie di tumori del sangue e di progressi, nuovi obiettivi e scenari terapeutici della disciplina sono i massimi esperti del settore, in occasione del 47° Congresso nazionale della Società italiana di ematologia (Sie), a Roma fino ad oggi 9 ottobre presso il Marriott Park Hotel. «Il mondo delle malattie del sangue – ha dichiarato Paolo Corradini, presidente della Sie e direttore Divisione Ematologia Fondazione Int, Cattedra di Ematologia Università degli Studi di Milano – è stato rivoluzionato dalla possibilità di curare alcune patologie del sangue, soprattutto quelle neoplastiche, senza chemioterapia, in primis grazie alle Car-T cell. I dati consolidati a medio-lungo termine mostrano infatti che il 50% di pazienti con leucemia linfoblastica acuta e il 35% di linfomi non Hodgkin diffusi a grandi cellule B hanno un controllo duraturo della malattia che potrebbe corrispondere a guarigione».
Queste terapie, destinate a pazienti selezionati, sono state approvate in Italia per l’utilizzo nei pazienti affetti da leucemia linfoblastica e linfomi ad alto grado che non hanno risposto o hanno avuto delle ricadute dopo aver ricevuto le terapie convenzionali per queste patologie (chemio e radioterapia). È in corso l’accreditamento dei centri italiani che possono e potranno somministrarle: «In base ai criteri stabiliti dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) – ha proseguito Corradini – a oggi sono qualificati 5 centri lombardi, 1 del Lazio e 1 dell’Emilia-Romagna; è in corso la qualificazione per la Regione Piemonte, Veneto e Toscana». Altro tema al centro del Congresso Sie è la leucemia mieloide acuta. «Negli anni la ricerca ha fatto passi importanti in questo campo, anche se forse minori rispetto ad altre patologie ematologiche – ha dichiarato Emanuele Angelucci, vice presidente Sie e direttore Ematologia e Programma Trapianti Irccs Ospedale Policlinico San Martino di Genova – Oggi riusciamo a guarire circa il 50% degli adulti, mentre i risultati sono molto più deludenti negli anziani. Un grande passo in avanti è stato l’utilizzo di donatori familiari non completamente compatibili che permette di trovare un donatore per circa il 90% dei pazienti candidati al trapianto di cellule emopoietiche allogeniche. La leucemia mieloide acuta rimane la maggiore indicazione oggi al trapianto. Fa eccezione la leucemia acuta promielocitica in cui abbiamo tassi di guarigione di circa il 90%».
Un nuovo armamentario terapeutico per combatter i linfomi non Hodgkin è rappresentato dagli anticorpi bispecifici. «Nei primi studi di fase I-II, questi anticorpi hanno mostrato interessanti risultati clinici sia nei linfomi diffusi a grandi cellule e anche nei linfomi follicolari ricaduti o refrattari a diverse linee di chemio-immunoterapia – ha chiarito Pier Luigi Zinzani, professore ordinario di Ematologia, Istituto di Ematologia L. e A. Seràgnoli Università degli Studi di Bologna – Questa loro efficacia è accompagnata da un discreto profilo di tossicità e inoltre la gestione/somministrazione di questi farmaci può essere svolta in regime di day hospital. Un’altra nuova opzione terapeutica nello stesso gruppo di pazienti – ha proseguito Zinzani – linfomi diffusi a grandi cellule e linfomi follicolari ricaduti/refrattari, è rappresentata da un nuovo ‘checkpoint inhibitor’ macrofagico: l’anticorpo anti Cd47 in combinazione con il rituximab. Il meccanismo di questo anticorpo sfrutta il riconoscimento e l’attivazione nei confronti della cellula linfomatosa da parte del sistema immunitario del paziente. I risultati preliminari sono molto incoraggianti e con una tossicità veramente bassa».
Fonte Doctor33