Terapie intensive “off limits” per i familiari
Familiari e visitatori hanno libero accesso nel 70 % delle Terapie intensive svedesi, nel 32 % di quelle americane, nel 23 % di quelle inglesi e nel 14 % di quelle olandesi. In Italia, invece, il tempo di visita è limitato a circa due ore al giorno e solo il 2% dei reparti non pone un limite nell’arco delle 24 ore. Le Terapie Intensive italiane non modificano le proprie “visiting policies” neppure quando il paziente ricoverato è un bambino (9%) o quando il paziente sta morendo (21%). Un atteggiamento ancor più restrittivo si registra nei reparti con un alto numero di ricoveri e in quelli delle Regioni meridionali e delle isole, dove gli orari di visite sono molto più limitati. Il grido d’allarme è stato lanciato giovedì 1 ottobre nel corso di una tavola rotonda a Roma, nella sede della Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva. «I dati della letteratura scientifica suggeriscono che la liberalizzazione dell’accesso alla Terapie intensive per familiari e visitatori non solo non è in alcun modo pericolosa per i pazienti, ma è anzi benefica sia per loro sia per le famiglie» hanno ribadito gli esperti. In prticolare, «l’apertura della Terapie intensive non causa un aumento delle infezioni nei pazienti, mentre si riducono in modo significativo le complicanze cardiovascolari e gli indici ormonali di stress». Non avere restrizioni per l’accesso dei familiari a questi reparti «migliora la qualità del ricovero dei pazienti e facilita l’instaurarsi di un rapporto di fiducia tra la famiglia e i curanti», hanno aggiunto gli esperti, ricordando però quanto sia importante un ferreo controllo sul lavaggio delle mani. Medici e infermieri dovrebbero ricevere una formazione specifica per la comunicazione, la gestione dei conflitti, la capacità di riconoscere e affrontare i bisogni dei familiari così come la loro ansia e stress. «Oggi – hanno convenuto i medici intensivisti – il nostro bagaglio culturale non può più essere limitato esclusivamente a un know-how pratico: nella cura del paziente critico, le competenze cliniche e la dimestichezza con le tecnologie sono una condizione necessaria ma non sufficiente. Per gli esperti il modello della Terapia intensiva aperta è inoltre uno strumento utile per la prevenzione dei disturbi psichiatrici nel paziente ricoverati in quei reparti. «Occorre – hanno concluso gli intensivisti – diffondere una nuova filosofia di cura percepibile nell’intero sistema ospedaliero».