Sitha: un rischio valutare le tecnologie solo a livello nazionale
Gli investimenti in sanità digitale in Italia nel 2014 sono stati di 1,47 miliardi di euro, cioè diminuiti del 4,6% rispetto all’anno precedente e incidendo appena per l’1,2% sul totale della spesa sanitaria pubblica: «Troppo pochi in un Paese che si appresta ad affrontare la grande sfida delle cronicità, che imporrà uno grande sforzo al servizio sanitario nazionale». Cifre e commento sono di Marcella Marletta, direttore generale dei Dispositivi medici e del Servizio farmaceutico del ministero della Salute, nel suo intervento alla sessione “Hta e Ict: metodi, difficoltà e sviluppi virtuosi per valutare beni intangibili” nell’ambito del Forum sul Risk Management che si è svolto nei giorno scorsi ad Arezzo. «Il nodo da sciogliere», sostiene Marletta, è l’aspetto finanziario nel quale molti vedono «la barriera principale», mentre «la complessità della materia richiederebbe una valutazione multidimensionale». La chiave,per il direttore del ministero, è l’Health technology assessment (Hta), «disciplina oramai universalmente riconosciuta come essenziale, a tali fini, dalla comunità scientifica» e che pertanto «sembra utile per superare i limiti appena evidenziati, completando lo spettro delle possibili valutazioni tecnologiche».
In proposito, però, autorevoli esperti di Hta hanno manifestato il proprio dissenso rispetto alle proposte contenute nella Legge di Stabilità 2016, in particolare, l’articolo 1 che prevede, al comma 310, l’eliminazione delle Unità aziendali di Hta. «L’idea di non istituire le Unità di Hta a livello aziendale, eliminando perfino quelle già esistenti – sostiene per esempio Pietro Derrico, vicepresidente della Società italiana di Health technology assessment e responsabile del Servizio di Ingegneria clinica dell’ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma – non trova fondamento in alcuno dei principi fondamentali dell’Hta».
Pur confermando l’utilità di un programma nazionale di Hta, garantendo il ruolo della cabina di regia presso il ministero della Salute per la programmazione sanitaria nazionale e la definizione e l’aggiornamento dei Lea, «tuttavia l’idea di un’unica grande gestione a livello centrale, probabilmente più vicina alle logiche di Capital Budgeting piuttosto che a quelle di Health Technology Assessment», potrebbe portare, paventa quindi Derrico, «alla introduzione “poco controllata” e spesso inadeguata di tecnologie all’interno degli ospedali, determinando un’involuzione dei modelli di gestione già presenti in vari contesti aziendali».