Medici di famiglia in team per salvare il Servizio sanitario nazionale
Nel 2012 le visite negli studi sono state 19 milioni: in sette anni sono aumentate del 22 per cento. La Società di medicina generale propone un modello alternativo all’ospedale, con unità complesse di camici bianchi per assistere i cittadini a 360 gradi
Nel 2005 i medici di famiglia hanno ricevuto nei loro ambulatori 15 milioni e mezzo di visite dei loro pazienti, che nel 2012 sono salite a 19 milioni: il 22% in più. Aumenta dunque il carico di lavoro, mentre i tagli continui alla spesa sanitaria diminuiscono le risorse che le sono destinate. Per superare il problema la Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (Simg), il cui congresso naizonale si è concluso sabato 28 novembre a Firenze, propone una via d’uscita: un nuovo modello di assistenza sul territorio formato da unità complesse con competenze avanzate, alternative sia all’ospedale sia agli specialisti, destinate a occuparsi della cosiddetta “media intensità di cura”; in questi ambulatori il paziente dovrà trovare una soluzione ampia e approfondita, a 360 gradi, della maggioranza dei problemi che riguardano la sua salute: dalle malattie acute a quelle croniche fino al monitoraggio e all’assistenza intensiva a domicilio di quasi tutte le condizioni cliniche. E all’ospedale dovrà quindi essere lasciata solo l’alta intensità di cura.
«Stiamo formando medici “con interessi disciplinari speciali”, in grado di coordinare al meglio le attività svolte sul territorio con quelle dell’ospedale. Una vera e propria interfaccia – spiega Claudio Cricelli, presidente Simg – una cerniera evoluta con la medicina specialistica, già presente in altri Paesi europei, ma non ancora in Italia. Solo così potremo far fronte all’epidemia di patologie croniche». Non più quindi il medico di famiglia che lavora da solo come un tempo, ma un professionista inserito in team in grado di effettuare un’ampia gamma di prestazioni di alto livello finora impensabili sul territorio. «È importante però che ci venga garantita la possibilità di prescrivere liberamente i farmaci – precisa Cricelli – perché solo così potremo sostenere gli importanti carichi di lavoro richiesti». Nell’ultimo ventennio la proporzione di italiani affetti da almeno una malattia cronica è aumentata dal 35,1% al 37,9% (cioè 2,7 milioni di cittadini), mentre la percentuale di persone colpite da almeno due di queste patologie è passata dal 17,7% al 20% (2 milioni). I “multicronici” saranno quasi 13 milioni nel 2024 e oltre 14 milioni nel 2034, pari rispettivamente al 20,2% e 22,6% della popolazione (nel 2013 si attesta al 14,4%). «La nostra – aggiunge il presidente Simg – è una risposta concreta ai preoccupanti rallentamenti che stanno segnando l’evoluzione della medicina generale. È fondamentale creare un ponte con le nuove generazioni di professionisti, facilitare il passaggio di consegne e trasmettere loro le nostra esperienze e conoscenze. La Scuola di alta formazione della Simg è nata proprio con questo obiettivo». Non per caso, più della metà degli oltre 2.500 presenti al congresso fiorentino (un record nella storia della Simg) sono medici in formazione, o sulla soglia della professione, e da studenti di medicina. «È nostro compito anticipare i processi di cambiamento – dice il presidente Simg – e preparare i futuri camici bianchi ad affrontarli. Il Servizio Sanitario si consoliderà solo se le società scientifiche sapranno rispondere al principio di sussidiarietà – conclude Cricelli – promuovendo in modo autonomo i processi di evoluzione».
Un kit per la terapia del dolore. Si chiama Pain Generator e verrà distribuito insieme a un video illustrativo a 3 mila medici di medicina generale all’inizio del 2016 per definite la terapia antalgica migliore. L’iniziativa, realizzata con il contributo incondizionato di Angelini, è stata presentata al Congresso Simg di Firenze. «Il dolore cronico non oncologico costituisce uno dei più comuni motivi di consultazione medica: basti pensare che interessa nel nostro Paese oltre 15 milioni di persone, il 20% della popolazione» ricorda Pierangelo Lora Aprile, segretario scientifico Simg e responsabile Area medicina del dolore e cure palliative. «La terapia consigliata – aggiunge – varia in base all’intensità del disturbo. Se lieve, è utile il paracetamolo. Quando è moderato, la scelta migliore è costituita dall’associazione paracetamolo e codeina. Per controllare il dolore severo, è opportuno la somministrazione di oppiacei di terzo gradino».
Fonte: www.healthdesk.it