Immunoterapia anticancro: i benefici superano i rischi nonostante gli eventi avversi anche mortali
Uno studio pubblicato su JAMA oncology e firmato dagli oncologi del Vanderbilt-Ingram Cancer Center di Nashville (Stati Uniti) riporta incidenza e tempi di comparsa delle rare ma talvolta fatali reazioni avverse agli immunoterapici usati nei trattamenti anticancro. Douglas Johnson, che ha coordinato la ricerca, e colleghi hanno verificato che, sebbene questi eventi possano accadere, i tassi di mortalità sono ben al di sotto di quelli dei trattamenti oncologici più comuni, tra cui chemioterapia, trapianti di staminali e interventi chirurgici. In altre parole, i benefici superano i rischi, ma medici e pazienti devono essere consapevoli della possibile gravità degli effetti collaterali. «Le reazioni fatali tendono a verificarsi in media 15-40 giorni dopo l’inizio del trattamento, a seconda del tipo di inibitore del checkpoint immunitario» spiegano i ricercatori, che hanno esaminato oltre 16 milioni di eventi avversi registrati nel database di farmacovigilanza (Vigilyze) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) alla ricerca di quelle relative agli inibitori del checkpoint immunitario. Johnson e colleghi hanno anche svolto una metanalisi su 112 studi tratti dalla letteratura scientifica ed esaminato gli archivi di sette centri accademici, tra cui Vanderbilt, in prima linea nella ricerca sull’immunoterapia.
«I risultati mostrano che i pazienti più anziani sono i più inclini ad andare incontro a tossicità fatali, sebbene l’evento sia raro» scrivono gli autori, che a conti fatti dal 2009 al 2018 hanno trovato 613 tossicità fatali causate da inibitori del checkpoint immunitario. Questi farmaci, approvati dalla FDA nel trattamento di 13 diversi tipi di cancro metastatico, attivano il sistema immunitario contro il cancro, ma possono anche causare danni a cuore, polmoni, fegato e colon. «Tra tutti, la miocardite ha è risultato l’evento più importante, con una mortalità pari al 40% dei pazienti con questo effetto collaterale» riprende l’oncologo, precisando tuttavia che la revisione dei dati dei sette centri accademici rivela un tasso di mortalità dello 0,6%, mentre dalla metanalisi emergono tassi compresi tra lo 0,36 e l’1,23%, a seconda del tipo di inibitore del checkpoint immunitario. «A fronte di un’efficacia che giustifica la presenza nei nostri ambulatori di molti pazienti che oggi sono vivi perché hanno risposto al trattamento con questi farmaci» conclude Johnson.
JAMA Oncol. 2018. doi:10.1001/jamaoncol.2018.3923
https://jamanetwork.com/journals/jamaoncology/fullarticle/2701721
Fonte Doctor33: https://bit.ly/2NaJVEr