Forte impatto positivo sul diabete dall’aumento di attività fisica. Decisivo il counseling di personale formato
«Nel mondo c’è una vera e propria epidemia di obesità e diabete di tipo 2, causate oltre che da diete scorrette anche da attività fisica insufficiente (meno di 150 minuti a settimana) e da sedentarietà (troppo tempo seduti o distesi)» aggiunge rileva Balducci «che esercitano i loro effetti deleteri indipendentemente l’una dall’altra e sono molto comuni tra le persone con diabete di tipo 2. Vincere ciò è tuttavia difficile nella vita reale per la presenza di molteplici barriere, per esempio per mancanza di informazione e di luoghi dove praticare attività fisica in sicurezza e perché spesso si tratta di pazienti anziani e in sovrappeso che hanno scarsa attitudine al movimento». Il presente studio ha verificato la possibilità di cambiare lo stile di vita di questi pazienti, confrontando un trattamento standard con una strategia di intervento comportamentale, tesa sia a incrementare l’attività fisica, sia a ridurre (e interrompere) il tempo sedentario, in 300 pazienti fisicamente inattivi e sedentari (età media 62 anni), in cura presso tre centri diabetologici di Roma. I pazienti del gruppo di intervento comportamentale hanno partecipato a una seduta di counseling condotta da un diabetologo e a 8 sedute in palestra condotte da un personal trainer laureato, una volta all’anno per 3 anni. I pazienti del gruppo di controllo hanno invece ricevuto solo raccomandazioni generiche. Quantità e intensità dell’attività fisica sono state misurate con un accelerometro indossato alla cintura dai pazienti, e con un diario giornaliero dove il paziente riportava le attività non registrate dall’accelerometro (per esempio, pedalare o sciare, oltre alle attività in acqua, dove l’accelerometro non viene indossato).
«I risultati hanno mostrato una riduzione del tempo sedentario e, quindi, un incremento di attività fisica, di circa un’ora al giorno in media, nel gruppo di intervento rispetto all’altro gruppo» afferma Pugliese. Ad aumentare era soprattutto l’attività di intensità lieve (come camminare, portare fuori il cane, ballare, fare la cyclette o esercizi come alzarsi e sedersi più volte dalla sedia), piuttosto che moderato-vigorosa (correre, andare in bicicletta, nuotare). «Le modifiche dello stile di vita sono state mantenute nell’arco dei 3 anni» sottolinea Balducci «e circa un terzo dei pazienti del gruppo di intervento ha totalizzato per tutto il periodo i 150 minuti a settimana di attività fisica che contraddistinguono il soggetto fisicamente attivo (pur con una flessione nell’attività fisica l’ultimo anno). Tutto ciò» continua «si è accompagnato a importanti benefici clinici. In particolare, si è osservato un incremento sostenuto nel tempo della fitness cardiorespiratoria e muscolare, ovvero della capacità di eseguire attività aerobiche e di forza, rispettivamente, entrambe indipendentemente associate a minore rischio di morte. Inoltre, il rischio cardiovascolare complessivo, che tiene conto del controllo glicemico, pressorio e lipidico, è risultato più basso nel gruppo di intervento rispetto al gruppo di controllo». Si può quindi ottenere una modifica a lungo termine dello stile di vita di soggetti fisicamente inattivi e sedentari quali sono in genere i pazienti con diabete di tipo 2 – concludono gli autori – purché si mettano in atto interventi comportamentali adeguati che però richiedono personale specificamente formato. Abbiamo visto che per ottenere vantaggi clinici rilevanti può bastare un’ora al giorno in più di attività fisica anche di lieve intensità e un’ora in meno trascorsa da seduto. Ovviamente, maggiore è l’incremento di attività fisica, maggiori saranno i benefici.
«Questo studio testimonia la possibilità di ottenere risultati a lungo termine su una componente importante, ma molto spesso trascurata, dello stile di vita» commenta Paolo Moghetti, coordinatore del gruppo di studio intersocietario Amd/Sid Attività fisica e diabete. Gli aspetti molto rilevanti dello studio sono in particolare due: il risultato è stato ottenuto attraverso un intervento ben organizzato ma che ha impiegato una quantità limitata di risorse ed è quindi riproducibile nella pratica clinica reale. Inoltre, vi è stata l’interazione virtuosa fra specialista diabetologo e laureati in scienze motorie, una risorsa importante che abbiamo a disposizione e che dobbiamo impiegare in maniera sistematica per poter conseguire questi risultati».
JAMA, 2019;321(9):880-890. doi: 10.1001/jama.2019.0922.
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/30835309
Fonte Doctor33: https://bit.ly/2GnW74h