Diabete 2, mortalità in caso di STEMI è più elevata a causa di disfunzioni cardiache e renali
Secondo un gruppo di ricercatori del Centro cardiologico Monzino, del Policlinico San Matteo di Pavia e dell’Università degli Studi di Milano, le persone con diabete di tipo 2 presentano una mortalità quasi doppia nei primi giorni dopo infarto acuto del miocardio con elevazione del segmento ST (STEMI) rispetto ai non diabetici non per il diabete in sé, ma a causa delle disfunzioni cardiache e renali frequentemente associate alla malattia. «Sappiamo fin dagli anni ’60 che le persone con diabete di tipo 2 muoiono più di frequente dopo un infarto STEMI. Tuttavia, non si conosceva esattamente il perché di questa evidenza» spiegaGiancarlo Marenzi, del Centro Cardiologico Monzino, primo autore dello studio. «Fino a ieri abbiamo pensato che a peggiorare la prognosi fosse la presenza di numerose patologie spesso riscontrate nei pazienti diabetici. Ma il nostro studio ha dimostrato che non è proprio così» aggiunge.
I ricercatori hanno valutato retrospettivamente i dati di 5.152 pazienti con STEMI trattati con angioplastica primaria, dei quali al momento del ricovero in ospedale erano state esaminate la frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF) e la velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR). L’endpoint primario dello studio era la mortalità intra-ospedaliera, mentre quello secondario era un composito di mortalità intra-ospedaliera, shock cardiogeno e danno renale acuto. Tra i pazienti valutati, 879 (17%) presentavano diabete mellito. Nei pazienti con malattia diabetica, si è avuta una più alta incidenza di LVEF ≤40% (30% rispetto a 22%), eGFR ≤60 mL/min/1,73 m2(27% rispetto a 18%), o di entrambi (12% rispetto a 6%). Anche la mortalità intra-ospedaliera è risultata più alta nei pazienti con diabete rispetto a quelli che non ne soffrivano (6,1% rispetto a 3,5%). Dopo aggiustamento dell’analisi per funzione cardiaca e renale, però, il diabete mellito non è risultato più associato a un aumentato rischio di mortalità, e un andamento simile è stato osservato per l’endpoint secondario. «Questo studio dimostra quanto sia importante identificare il diabete precocemente e curarlo con un approccio multidisciplinare coordinato dallo specialista diabetologo. Oggi a tutti i pazienti che soffrono di diabete di tipo 2 possiamo dire con chiarezza che se la funzionalità renale e cardiaca viene preservata, la loro prognosi cardiovascolare sarà migliore e, diversamente da quanto si è creduto fino ad ora, non sarà diversa da quella dei non diabetici» concludono gli autori.
Diabetes Care. 2019. doi: 10.2337/dc19-0047
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/31048409
Fonte Doctr33