Celiachia, diagnosticato solo il 30% dei casi effettivi
La Relazione annuale al Parlamento sulla celiachia, diffusa dal ministero della Salute, segnala oltre 200.000 diagnosticati nel 2017, con una prevalenza femminile, 145.759 casi contro i 60.802 maschili. Un trend in crescita, considerando i dati dal 2012 al 2017, che segnano una media di circa 10.000 nuovi celiaci all’anno. Si calcola inoltre che le diagnosi di celiachia riguardino solo il 30% dei casi effettivi. La celiachia non diagnosticata non rappresenta soltanto un rischio per la salute dei pazienti ma implica costi sanitari e sociali che gravano sull’intera collettività. Il tema è stato al centro del convegno che, in occasione della Settimana nazionale della celiachia, l’Associazione italiana celiachia onlus ha organizzato a Milano sabato 18 maggio, presso il Novotel Milano Nord Ca’ Granda: “Protocollo di diagnosi e follow up”, rivolto a medici e operatori sanitari in genere.
«La diagnosi di celiachia è il primo passo fondamentale per non incorrere in terapie sbagliate o inutili. Oggi il sospetto di questa patologia deve essere posto non solo di fronte a sintomi classici come dolori addominali diarrea e gonfiore, ma anche in presenza di sintomi un tempo considerati improbabili (astenia cronica, anemia, poli-abortività, dermatite, aumento della transaminasi, cefalea, osteoporosi precoce) e successivamente si deve procedere al dosaggio degli anticorpi specifici. In caso di positività di questi ultimi allora si rende necessaria la gastroscopia con prelievo bioptico».
Così Luca Piretta – specialista in Gastroenterologia ed endoscopia digestiva e in Scienza della nutrizione umana, nonché docente all’Università Campus Biomedico di Roma – in una nota pubblicata dal Dr. Schär Institute, piattaforma informativa che dal 2005 offre agli addetti ai lavori aggiornamenti scientifici sul tema della celiachia e dell’alimentazione senza glutine. «L’aumento dei casi di celiachia e della gluten sensitivity», spiega Piretta, «è da mettere in relazione soprattutto alla maggiore conoscenza e attenzione che si ha oggi nei confronti di questa patologia ed è pertanto fondamentale diffondere e promuovere le conoscenze per innalzare il livello di sensibilità che porta a far emergere la parte sommersa dei pazienti. Molti non sanno di avere questa patologia e rischiano una diagnosi tardiva quando le complicanze sono già presenti».
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