Cefalea, ok della Camera a riconoscimento come malattia sociale
Sì pressoché unanime dell’Aula della Camera al riconoscimento della cefalea primaria cronica come malattia sociale. Il testo è stato approvato a Montecitorio con 451 voti a favore ed un solo astenuto, ed ora passa al Senato. Il provvedimento dispone l’accertamento della malattia, da almeno un anno, che ne attesti l’effetto invalidante tale da limitare, o compromettere gravemente, la capacità di far fronte agli impegni di famiglia e di lavoro. Le forme di cefalee riconosciute come malattia sociale sono l’emicrania cronica e ad alta frequenza; la cefalea cronica quotidiana con o senza uso eccessivo di farmaci analgesici; la cefalea a grappolo cronica; l’emicrania parossistica cronica; la cefalea nevralgiforme unilaterale di breve durata con arrossamento oculare e lacrimazione; l’emicrania continua. Il ministro della Salute dovrà emanare un decreto con i progetti per sperimentare modelli innovativi di presa in carico delle persone affette da queste forme di cefalea. «Il riconoscimento da parte della Camera della cefalea primaria cronica come malattia sociale è un primo grande segnale di attenzione verso i circa 7 milioni di italiani che ne soffrono, con una prevalenza netta di donne e nella fascia 20-50 anni. Oggi esce dal cono d’ombra che la rendeva una malattia invisibile agli occhi delle istituzioni e della generalità di quanti non ne sono colpiti, per diventare malattia sociale. Ci auguriamo tempi brevi al Senato per il via libera definitivo: l’Italia sarebbe così il primo paese in Europa ad adottare un provvedimento come questo».
Così la deputata della Lega Arianna Lazzarini, segretario della Commissione Affari sociali di Montecitorio e prima firmataria della pdl, commenta il riconoscimento della cefalea primaria cronica come malattia sociale approvata alla Camera. «Non parliamo del semplice ‘mal di testa’ passeggero – sottolinea Lazzarini – ma di una malattia cronica e invalidante vera e propria, molto più diffusa di quanto si possa immaginare, che purtroppo ha già portato alcuni pazienti a compiere gesti estremi. E’ causa di un elevato calo della produttività con altissimi costi diretti – trattamenti, farmaci, visite, esami – e indiretti, come perdita di giorni lavorativi e riduzione dell’efficienza, stimati in 20 miliardi l’anno in Italia. Non a caso, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, questa patologia è al secondo posto tra le malattie invalidanti ed è tra le prime dieci cause al mondo di disabilità».