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Studio diagnostico Pantheon > Mednews > Neurologia > Le trentenni devono imparare a «fermarsi». E a volersi bene

Le trentenni devono imparare a «fermarsi». E a volersi bene

By Redazione - In Neurologia, News - 19 marzo 2018

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Sull’orlo di una crisi di nervi, schiacciate tra mille impegni di lavoro e familiari. Dichiarano di non sentirsi bene e hanno ragione. Ansia e depressione sono in agguato

Affaticate, stanche. Sotto pressione sul lavoro, alla continua ricerca di modi per far fronte ai mille impegni della giornata. E convinte di avere una salute un po’ traballante. Non è il ritratto di cinquantenni in crisi per colpa della menopausa ma di donne giovani, a cavallo dei trent’anni. Eppure, già stressate oltre il livello di guardia e soprattutto assai di più delle trentenni degli anni ‘90: da allora è più che raddoppiata la quota di donne che accusano malesseri, ansia, disturbi vari. Il vaso di Pandora della complicata situazione femminile agli inizi del millennio è stato scoperchiato da uno studio svedese pubblicato di recente sulla rivista scientifica PLoS ONE, che ha coinvolto quasi duemila uomini e donne fra i 25 e i 34 anni. La domanda di partenza, posta ai trentenni del 1990 e poi a quelli del 2014, era semplice: «Come ti senti?». Le risposte danno materia su cui riflettere, visto che il grado di benessere percepito da parte degli uomini è risultato sempre più alto di quello delle donne e in costante miglioramento, mentre nell’altra metà del cielo vale esattamente il contrario: alla fine del secolo scorso solo l’8,5% delle trentenni riteneva di star peggio rispetto alle coetanee, oggi la percentuale è del 20%.

Esaurimento fisico e psicologico

Indagando che cosa possa aver compromesso il benessere femminile è emerso che le donne oggi sono più ansiose e insoddisfatte della loro condizione economica rispetto al passato, ma anche più sotto pressione sul lavoro, esposte a un maggior esaurimento fisico e psicologico, schiacciate sotto le aspettative di un mondo che le vuole di successo, attive e pure attraenti. Equilibriste, che non dormono pensando a come far quadrare il cerchio di carriera e famiglia. «Una fatica di vivere che si fa sentire presto: finora l’avevamo vista soprattutto in donne più mature — osserva Giovannella Baggio, presidente del Centro Studi Nazionale su Salute e Medicina di Genere —. A trent’anni non si è ancora malate, ma lo stress e l’ansia che si provano possono avere riflessi pesanti sulla salute futura aumentando il rischio di numerose malattie, dalla depressione alle patologie cardiovascolari». Non si stupisce Francesca Merzagora, presidente dell’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna (ONDa), che sottolinea: «Una nostra indagine di due anni fa su un campione di italiane adulte ha mostrato risultati simili: oggi le donne sono più consapevoli delle loro esigenze di salute rispetto al passato, ma ammettono di sentirsi peggio.

La necessità del multitasking

Del resto la vita e il tessuto sociale sono cambiati molto: la necessità di essere multitasking è aumentata, i redditi sono ancora inferiori a quelli degli uomini, tante sono schiacciate fra la cura dei figli e quella dei genitori: il risultato è lo stress, ma un conto è gestirlo da giovani, altro è farlo più avanti». Se a trent’anni ci si rende conto di correre come criceti sulla ruota, ma si hanno le energie per tenersi in piedi, una volta arrivate alla maturità i nodi vengono al pettine e la salute chiede il conto.

Rischio «burnout»

Anche perché le donne sono più sensibili allo stress rispetto agli uomini per motivi squisitamente biologici, come spiega Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di Neuroscienze del Fatebenefratelli di Milano: «Per motivi ormonali e non solo, aree cerebrali come l’amigdala, il giro cingolato anteriore o la corteccia orbito-frontale risultano più “fragili” di fronte agli stimoli che provocano ansia; se a questo si aggiunge un ambiente sociale, familiare e lavorativo stressante, è molto probabile che la donna sviluppi disagi psicologici. Le difficoltà nel conciliare professione e vita privata è ancora fra le cause maggiori di malessere al femminile: le donne hanno un carico complessivo di impegno maggiore, sono più sensibili agli eventuali conflitti personali in ufficio, se fanno fatica ad adattarsi rischiano di più il “burnout”. Dati diffusi in occasione dell’ultima Giornata sulla salute mentale hanno mostrato che circa un terzo delle lavoratrici soffre di condizioni cliniche rilevanti correlate al proprio impiego, come ansia o depressione. Senza contare la somatizzazione dei disagi, che porta a sintomi fisici o problemi come i disturbi del sonno: molto comuni e insidiosi, spesso il primo campanello d’allarme per malattie più gravi».

Le soluzioni

Oltre a peggiorare la qualità di vita, le difficoltà a dormire aumentano il rischio di depressione, sovrappeso e altre patologie: occorre perciò non sottovalutare le notti passate in bianco, ma parlarne al medico e trovare soluzioni. «Le donne devono imparare a chiedere aiuto, a non credersi invulnerabili: un atto di umiltà necessario per “salvarsi” — dice Merzagora —. Altrettanto indispensabile sapersi fermare prima che sia un problema di salute a farlo: trovare tempo per sé, imparare a gestire lo stress possono sembrare raccomandazioni banali, ma è quello di cui le donne oggi hanno bisogno per non essere travolte dalle loro vite in corsa».

Poco aiuto da parte degli uomini

Per uscire dall’impasse di un mondo che non sembra affatto tagliato a misura di donna dovremmo però anche, e soprattutto, cambiare la società aiutando di più le lavoratrici, ma dovrebbe modificarsi anche la testa degli uomini. È l’opinione dello psichiatra Claudio Mencacci, che osserva: «Dividere i compiti in casa in maniera equa sarebbe un primo passo. Tuttora gli uomini hanno ogni giorno 70 minuti liberi da impegni in più rispetto alle donne». Lo ha confermato uno studio che ha messo a confronto il tempo trascorso, nell’occuparsi delle faccende domestiche,dagli ultrasessantacinquenni di vari Paesi europei. Questi i risultati: le italiane passano circa cinque ore al giorno a pulire casa, cucinare e simili, gli uomini del nostro Paese sono i meno presenti quando si tratta di aiutare. Eppure, in nazioni più illuminate dove il carico di lavoro è condiviso migliora la salute di entrambi: lei sente meno la fatica e ha un minor rischio di disturbi del sonno, lui ci guadagna in attività fisica. «La partecipazione serve pure a lui, e non solo quando si parla di faccende domestiche: accudire i figli per esempio fa bene anche all’uomo: ne trae giovamento psicologico e nello stesso tempo rinsalda i legami familiari.«Attenzione però, non è scritto da nessuna parte che ciò si traduca nel giocare coi bambini lasciando sempre a lei il cambio dei pannolini: mamma e papà possono e devono essere intercambiabili in tutti i tipi di compiti» conclude Mencacci.

Fonte Il Corriere della Sera: http://www.corriere.it/salute/neuroscienze/18_marzo_16/trentenni-salute-stress-ansia-depressione-6a3ad27c-2921-11e8-b8d8-0332a0f60590.shtml

Tags: aiuto,  ambiente sociale,  Ansia,  aree cerebrali,  Benessere,  burnout,  conciliare,  condizioni cliniche,  conflitti personali,  crisi di nervi,  crollo,  Depressione,  difficoltà,  disagi psicologici,  Disturbi,  esaurimento,  esaurimento fisico,  familiare,  Femminile,  fermarsi,  figli,  fisico,  giornata,  Giovani,  guardia,  impegni,  lavorativo,  Lavoro,  malessere,  malesseri,  mamma,  mamme,  millennio,  multitasking,  nervi,  neuroscienze,  ormonale,  Ormoni,  papà,  Professione,  psicologia,  psicologico,  Rischio,  salute,  Salute mentale,  sensibili,  situazione femminile,  Sociale,  società,  stanche,  stanchezza,  Stress,  stressante,  stressate,  trentenne,  trentenni,  ufficio,  Uomini,  vita privata,  volersi bene
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