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Monthly Archives: giugno 2017
Studio diagnostico Pantheon > Mednews > 2017 > giugno
Giu28
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Fai il turno di notte? Il tuo Dna potrebbe non essere più in grado di ripararsi

By Redazione - Microbiologia,News

night worker

Chi lavora di notte e dorme di giorno produce scarsa quantità di melatonina. Così il meccanismo che contrasta lo stress ossidativo non viene avviato e i danni non vengono riparati. I ricercatori suggeriscono di ricorrere a integratori di melatonina per i lavoratori a rischio.

I primi a venire in mente sono i medici e gli infermieri, ma ci sono anche gli operatori di call center, i poliziotti, i vigili del fuoco, gli operai e molti altri. A loro capita spesso di iniziare la giornata lavorativa quando gli altri la concludono. I turni di notte sono una inevitabile conseguenza di alcune professioni che però possono avere ripercussioni gravi sulla salute e aumentare anche il rischio di cancro.

Secondo uno studio pubblicato su Occupational & Environmental Medicine, lavorare fuori orario può infatti compromettere la capacità del Dna di riparare i danni dei naturali processi ossidativi delle cellule dovuti ai radicali liberi.

Tutto dipenderebbe dalla mancata produzione della melatonina, l’ormone che regolamenta un processo fondamentale per la salute dell’intero organismo: il meccanismo di riparazione del Dna chiamato riparazione per escissione di nucleotidi, (in inglese nucleotide excision repair). Quando i livelli di melatonina si abbassano, il meccanismo di riparazione non parte e i radicali liberi non vengono contrastati.

Non è la prima volta che i ricercatori cercano di capire le conseguenze sulla salute degli orari di lavoro anomali. In un precedente studio avevano trovato che nelle urine di chi lavora di notte e dorme di giorno ci sono concentrazioni basse di un sottoprodotto del Dna deputato a riparare i danni dello stress ossidativo, l’8-idrossi-deossiguanosina (8-OH-dG).  E, lipotesi più plaudibile, era che ciò dipendesse dalla scarsa quantità di melatonina prodotta durante il sonno diurno.

Lo studio più recente ha fornite la conferma: esiste effettivamente un nesso tra la melatonina prodotta e i livelli di 8-OH-dG.  I ricercatori hanno raccolto campioni di urine di 50 persone che lavorano con turni di notte e hanno misurato i livelli di melatonina e dell’ 8-OH-dG durante le ore di lavoro.

Scoprendo che entrambi i valori erano molto bassi. In particolare la concentrazione di 8-OH-dG durante gli orari di lavoro notturni è pari al 20 per cento di quella misurata in corrispondenza di una notte di sonno regolare (sette ore e mezza). Se non viene prodotta melatonina a sufficienza il processo di riparazione non viene avviato e a lungo andare  i lavoratori notturni vengono esposti al rischio maggiore di ammalarsi anche di cancro.

«I nostri risultati – scrivono i ricercatori – indicano che, rispetto al sonno notturno, la riduzione della produzione di melatonina nei lavoratori durante i turni di notte è associata a una riduzione della secrezione di 8-OH-dG nelle urine. Il che comporta una ridotta capacità di riparare il danni ossidativi del Dna. Se questi effetti saranno ulteriormente confermati, si potrebbe ricorrere a integratori di melatonina per ridurre i danni del Dna potenzialmente cancerogeni tra i lavoratori».

Fonte HealthDesk: http://www.healthdesk.it/prevenzione/fai-turno-notte-tuo-dna-potrebbe-non-essere-pi-grado-ripararsi

Giu26
120

Il killer silenzioso: pressione alta sintomi, cause e rimedi

By Redazione - Senza categoria

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La pressione arteriosa è una misura della forza con cui il sangue scorre nel corpo; è una delle principali cause di malattie cardiovascolari, che a loro volta sono la prima causa di morte nel mondo occidentale.

Si definisce ipertensione (pressione alta) una situazione in cui si verifichi almeno una delle seguenti condizioni:

  1. Pressione sistolica (massima) >= 140 mmHg,
  2. Pressione diastolica (minima) >= 90 mmHg,
  3. Assunzione di farmaci per la pressione alta.

La pressione massima è quella misurata nel momento in cui cuore si contrae (batte), mentre la minima è quella misurata tra un battito e l’altro, quando cioè il cuore è rilassato.

Diversi studi, tra cui il MRFIT, hanno dimostrato chiaramente che più è bassa la pressione e minore è il rischio di mortalità. Il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari sembra raddoppiare ogni 20 mmHg in più per la pressione massima, e ogni 10 mmHg in più per la pressione minima, a partire da valori 115/75 mmHg. In altre parole, avere per esempio una massima a 135 significa correre un rischio doppio rispetto ad una pressione a 115 mmHG a parità di individuo di età compresa ta i 40 ed i 70 anni (Fonte: Medscape).

SISTOLICA (MM/HG) DIASTOLICA (MM/HG)
NORMALE < 120 e < 80
PREIPERTENSIONE 120-139 o 80-89
IPERTENSIONE
I STADIO
140-159 o 90-99
IPERTENSIONE II STADIO >= 160 o >= 100
IPERTENSIONE SISTOLICA ISOLATA >= 140 e < 90
CRISI IPERTENSIVA > 180 o > 110

Il valore della misurazione della pressione a casa è spesso più basso della misurazione fatta in ambulatorio (ipertensione da camice bianco), così come la misurazione per 24 ore risulta in genere più accurata e meno influenzata dall’ansia del momento; segnaliamo tuttavia che questa variazione, se elevata, è considerata come predittiva della possibilità di sviluppare ipertensione sostenuta.

Si tenga poi conto che la pressione tende ad essere più elevata nelle prime ore del mattino e dopo una passeggiata, infatti gli episodi di ictus ed infarto sono più comuni nelle prime ore della giornata.

Durante la notte, al contrario, la pressione tende a scendere del 10-20%, quando questo non succede è considerato come ulteriore fattore di rischio.

Le prospettive

La pressione tende ad aumentare con l’età. Seguendo uno stile di vita sano, alcune persone riescono a ritardare o a prevenire l’aumento della pressione.

Chi soffre di ipertensione può prendere provvedimenti per tenere sotto controllo il disturbo e diminuire il rischi di problemi di salute collegati. Tra le misure fondamentali ricordiamo: seguire uno stile di vita sano, stare sempre sotto controllo medico e seguire la terapia prescritta dal medico.

I valori della pressione alta

Quando ci si fa misurare la pressione si ottengono due numeri riferiti rispettivamente alla pressione sistolica (massima) e alla pressione diastolica (minima), misurate rispettivamente in corrispondenza del battito cardiaco, cioè quando il cuore pompa il sangue, e quando il cuore è a riposo tra due battiti successivi.

Il numero più alto è quindi riferito alla pressione sistolica, se trovate scritto 120/80 mmHg il numero 120 è la pressione sistolica. La sigla mmHg significa “millimetri di mercurio” ed è l’unità di misura della pressione sanguigna.

La tabella seguente indica i valori normali della pressione per gli adulti e specifica anche quali sono i valori che comportano un maggior rischio di problemi di salute. La pressione non è sempre costante, anche nelle persone sane. Se i valori tendono a essere quasi sempre maggiori del normale, invece, siete a rischio.

Valori della pressione negli adulti (in mmHg, o millimetri di mercurio)

  • Normale: minore di 120 la massima e minore di 80 la minima;
  • Preipertensione: tra 120 e 139 la massima o tra 80 ed 89 la minima;
  • Ipertensione Grado 1: tra 140 e 159 la massima o tra 90 ed 99 la minima;
  • Ipertensione Grado 2: più di 160 la massima o più di 100 la minima;

Gli intervalli della tabella sono validi per la maggior parte degli adulti (di età superiore ai 18 anni) che non soffrono di malattie croniche gravi.

I livelli superiori ai 120/80 mmHg fanno aumentare il rischio, e il rischio è maggiore all’aumentare dei valori. La parola pre-ipertensione significa che è probabile che arriverete a soffrire di ipertensione, a meno che non prendiate provvedimenti per prevenirla.

Se siete in terapia per l’ipertensione e diverse misurazioni successive rientrano nei valori normali, si può dire che la vostra pressione sia sotto controllo, ma non che siate guariti. Dovreste andare dal medico e continuare la terapia per tenere la pressione sotto controllo.

Le misure della pressione diastolica e di quella sistolica potrebbero non ricadere nella stessa categoria. In questo caso, la categoria che fa fede è quella più grave. Ad esempio, se la pressione sistolica è di 160 e quella diastolica è di 80, soffrite di ipertensione di secondo grado. Se la pressione sistolica fosse pari a 120 e quella diastolica a 95, ricadreste nell’ipertensione di primo grado.

Se soffrite di diabete o di patologie renali croniche, si può parlare di ipertensione a partire dai 130/80 mmHg. I valori sono diversi nel caso dei bambini e degli adolescenti.

Linee guida americane 2017

Nel mese di gennaio 2017 sono state pubblicate le nuove linee guida americane per il trattamento dell’ipertensione nei soggetti con più di 60 anni e la novità più interessante è l’indicazione di iniziare il trattamento farmacologico con una pressione sistolica (massima) superiore a 150 mm Hg, con l’obiettivo di portarla al di sotto di questa soglia; le evidenze scientifiche, in parte controcorrente rispetto a quanto portato avanti fino a oggi, dimostrano che trattamenti più aggressivi sono nella maggior parte dei casi associati a vantaggi poco significativi, anche se ovviamente va valutato caso per caso in base per esempio agli altri fattori di rischio del soggetto.

Un recente studio pubblicato su Circulation e con la firma dell’Università dello Utah, dimostra che abbassare la pressione sistolica (massima) sotto i 120 mmHg significherebbe salvare moltissime vite, ma con importanti, numerose e gravi ricadute in termini di complicazioni (svenimenti, episodi ipotensivi, insufficienza renale, …). Come sempre in medicina, quindi, si cerca un compromesso ideale, sia dal punto di vista generale che del singolo paziente.

Cause

La pressione alta può presentarsi in due forme diverse.

  • Ipertensione primaria (essenziale): In una percentuale variabile tra il 90 e il 95% dei casi di ipertensione tra gli adulti non è possibile identificare nessuna causa. Questo tipo di pressione alta, detta ipertensione essenziale o ipertensione primaria, tende a svilupparsi gradualmente nell’arco di diversi anni.
  • Ipertensione secondaria: Tutti gli altri casi di ipertensione sono causati da una patologia sottostante. Questo tipo di pressione alta, detta ipertensione secondaria, tende a comparire all’improvviso e causa un incremento della pressione maggiore rispetto all’ipertensione primaria. Diverse patologie e diversi farmaci possono provocare l’ipertensione secondaria, tra cui per esempio:
    • problemi renali,
    • disturbi della tiroide,
    • tumori delle ghiandole surrenali,a
    • alcune malformazioni cardiache congenite,
    • alcuni farmaci, tra i quali la pillola anticoncezionale, le medicine contro il raffreddore, i decongestionanti, gli analgesici da banco e alcuni farmaci con obbligo di ricetta,
    • gli stupefacenti, come la cocaina e le anfetamine,
    • abuso di alcolici.

Fattori di rischio

I fattori di rischio per l’ipertensione sono svariati e in alcuni casi non è possibile prevenirli. Tra di essi ricordiamo:

  • Età. Il rischio di ipertensione aumenta con l’invecchiamento. In età adulta la pressione alta è più frequente tra gli uomini, mentre le donne hanno maggiori probabilità di ammalarsi dopo la menopausa. (Fonte:CDC)
  • L’ipertensione è particolarmente frequente tra i neri, che spesso si ammalano prima rispetto ai bianchi. Anche le complicazioni gravi, come l’infarto e i colpi apoplettici sono più frequenti tra i neri.
  • Precedenti famigliari. La pressione alta tende a essere ereditaria.

Altri fattori di rischio per l’ipertensione, invece, possono essere tenuti sotto controllo.

  • Sovrappeso o obesità. Maggiore è il peso, maggiore è la quantità di sangue necessaria per per fornire ossigeno e sostanze nutritive ai tessuti dell’organismo. All’aumentare del volume di sangue che circola nei vasi sanguigni, aumenta anche la pressione sulle pareti delle arterie.
  • Sedentarietà. Chi ha uno stile di vita sedentario tende ad avere una frequenza cardiaca maggiore. Più la frequenza cardiaca è alta, più il cuore deve faticare ad ogni battito e maggiore è la forza sulle pareti delle arterie. La sedentarietà inoltre aumenta il rischio di ritrovarsi in sovrappeso.
  • Fumo. Il tabacco non si limita a far aumentare temporaneamente la pressione sanguigna, ma le sostanze chimiche in esso contenute sono in grado di danneggiare le pareti delle arterie che, quindi, si restringono causando un aumento della pressione.
  • Eccesso di sale da cucina (sodio) nella dieta. L’eccesso di sodio nella dieta può causare la ritenzione idrica, e quindi l’aumento della pressione.
  • Insufficienza di potassio nella dieta. Il potassio aiuta a controbilanciare la quantità di sodio presente nelle cellule. Se non consumate o non trattenete abbastanza potassio, potreste accumulare troppo sodio nel sangue.
  • Insufficienza di vitamina D nella dieta. Non si sa con certezza se l’insufficienza di vitamina D nella dieta possa causare direttamente l’ipertensione. I ricercatori, però, ipotizzano che la vitamina D possa influire su un enzima prodotto dai reni che agisce sulla pressione sanguigna. Per capire meglio il ruolo della vitamina D per la regolazione della pressione sarà necessario compiere ulteriori ricerche.
  • Abuso di alcool. Con l’andare del tempo l’abuso di alcool può danneggiare il cuore. Bere più di due o tre bicchieri al giorno può far alzare temporaneamente la pressione, perché può indurre l’organismo a rilasciare ormoni in grado di far aumentare il flusso sanguigno e di velocizzare il battito cardiaco.
  • Stress. I livelli di stress eccessivi possono causare un aumento temporaneo ma drammatico della pressione. Se cercate di rilassarvi mangiando di più, fumando o bevendo alcoolici, non fate altro che aumentare i problemi di ipertensione.
  • Alcune patologie croniche. Anche alcune patologie croniche possono aumentare il rischio di ipertensione, tra di esse ricordiamo: ipercolesterolemia, il diabete, le patologie renali e le apnee notturne.
  • In alcuni casi anche la gravidanza può contribuire all’aumento della pressione.

L’ipertensione è frequente soprattutto tra gli adulti, però anche i bambini possono essere a rischio: in alcuni bambini la pressione alta è provocata da problemi renali o cardiaci. Però sempre più bambini soffrono di pressione alta per via dello stile di vita errato, della dieta sbilanciata o della mancanza di esercizio fisico.

Sintomi

Il sintomo chiave è ovviamente la pressione alta, ma come media di almeno 2 misurazioni consecutive, rilevate in almeno due occasioni diverse.

In genere non si manifesta alcun altro sintomo; il mal di testa è relativamente poco comune e di norma limitato ai casi più severi (crisi ipertensiva). Quando si manifesta è più frequente al mattino e localizzabile nella zona della nuca.

Occasionalmente possono verificarsi altri sintomi.

Altri sintomi:

  • affaticabilità,
  • impotenza,
  • nausea,
  • palpitazioni,
  • vertigini,
  • visione offuscata,
  • epistassi (sangue dal naso).

Quando chiamare il medico

A meno che si avvertano i sintomi di un’ipertensione eccessiva, non è in genere necessario recarsi apposta dal medico per farsi controllare la pressione, che sarà invece misurata durante una visita di routine.

  • In caso di età superiore ai 18-20 anni in genere si consiglia una misurazione della pressione almeno ogni due anni, mentre sarà preferibile una frequenza maggiore in caso di ipertensione, la preipertensione o altri fattori di rischio per le malattie cardiovascolari.
  • In assenza di problemi di salute, dopo i 40 anni si passerà ad almeno una misurazione all’anno.

In alternativa è possibile recarsi presso qualunque farmacia per sottoporsi a una misurazione di controllo.

Chiama il medico se…

  • La pressione è superiore a 140/90 (anche per uno solo dei due valori).

Vai all’ospedale se…

  • La pressione è superiore a 180/110 mmHg (anche uno solo dei due valori, poichè si tratta di una crisi ipertensiva).
  • Compaiono sintomi quali mal di testa pulsante, nausea o vomito e visione offuscata e si ritengono sintomi dovuti a pressione alta.
  • In gravidanza la pressione supera 140/90 mmHg (anche uno solo dei due valori).

Un recente studio condotto in pazienti che si sono presentati in Pronto Soccorso durante una crisi ipertensiva sembra dimostrare che questa condizione non rappresenti un pericolo per la vita e che in molti casi sia sufficiente il solo riposo a far rientrare i valori; l’articolo pubblicato è sicuramente molto interessante, ma si raccomanda di rivolgersi comunque a personale medico competente per una valutazione, perchè in caso di fattori di rischio cardiovascolari la prognosi potrebbe essere diversa.

Diagnosi

La pressione è misurata con un cuscinetto gonfiabile e con uno strumento di misura graduato. I valori risultanti sono espressi in millimetri di mercurio (mmHg) e sono formati da due cifre. La prima, cioè quella maggiore, è la misura della pressione arteriosa durante il battito cardiaco (pressione sistolica); la seconda, quella minore, è la misura della pressione arteriosa tra un battito e l’altro (pressione diastolica).

Le ultime linee guida americane per la misurazione della pressione arteriosa, emesse nel 2003 dal National Hearth, Lung and Blood Institute, dividono i valori della pressione in quattro categorie:

  1. Pressione normale. La pressione può essere definita normale se è inferiore ai 120/80 mmHg. Tuttavia alcuni dottori consigliano di considerare come massimo accettabile i 115/75 mmHg. Se la pressione supera questa soglia, il rischio di malattie cardiovascolari inizia ad aumentare.
  2. Preipertensione. La situazione di preipertensione è data da una pressione sistolica compresa tra i 120 e i 139 mmHg, oppure da una pressione diastolica compresa tra gli 80 e gli 89 mmHg. La preipertensione tende a peggiorare con l’andare del tempo. Entro quattro anni dalla diagnosi di preipertensione circa un terzo degli adulti di età compresa tra i 35 e i 64 anni e circa la metà degli adulti di età superiore ai 65 anni iniziano a soffrire di ipertensione.
  3. Ipertensione di grado 1. Si ha ipertensione di grado 1 quando la pressione sistolica varia tra i 140 e i 159 mmHg oppure se la pressione diastolica varia tra i 90 e i 99 mmHg.
  4. Ipertensione di grado 2. La condizione di ipertensione più grave, quella di grado 2, si ha quando la pressione sistolica supera i 160 mmHg o la pressione diastolica supera i 100 mmHg.

Quando si leggono i risultati della misurazione della pressione, sono importanti entrambe le cifre, ma una volta superati i cinquant’anni la pressione massima è più significativa di prima. L’ipertensione sistolica isolata, la situazione in cui la pressione minima è normale ma quella massima è troppo elevata, è il tipo di ipertensione più frequente tra le persone di età superiore ai cinquant’anni.

Apparecchio per misurare la pressione

Prima di arrivare alla diagnosi di ipertensione il medico probabilmente vi misurerà due o tre volte la pressione, durante due o più visite. Normalmente, infatti, la pressione varia nel corso della giornata e spesso gli sbalzi sono collegati al fatto di trovarsi davanti a un medico (ipertensione da camice bianco o ipertensione clinica isolata). Il medico potrebbe chiedervi di misurarvi la pressione a casa o nel corso della giornata, per fornirgli ulteriori informazioni. Misurare la pressione a casa può anche essere utile per diagnosticare la cosiddetta ipertensione mascherata, una patologia in cui la pressione si abbassa quando entrate nello studio del medico.

Se soffrite di pressione alta di qualsiasi forma il medico potrebbe consigliarvi altri esami di routine, ad esempio l’esame delle urine, l’esame del sangue e l’elettrocardiogramma (ECG), un esame che misura l’attività elettrica del cuore. Esami più approfonditi di solito non sono richiesti, almeno nelle fasi iniziali.

Pericoli

La prognosi è buona in caso di terapia, in quanto abbassando la pressione si riduce il rischio di eventi cardiovascolari; se non trattata aumenta sensibilmente il rischio di complicazioni cardiovascolari anche fatali, tanto da meritarsi la nomea di silent killer (assassino silenzioso).

La pressione eccessiva sulle pareti delle arterie causata dall’ipertensione può danneggiare non solo i vasi sanguigni, ma anche diversi organi. Più la pressione è elevata e maggiore è il tempo trascorso prima della diagnosi e della terapia, più il danno è grave.

La pressione alta, se non viene curata, può provocare:

  • Danni alle arterie. Le arterie possono indurirsi e ispessirsi (aterosclerosi), provocando un infarto, un colpo apoplettico o altre complicazioni.
  • Aneurisma. La pressione eccessiva può far indebolire e gonfiare i vasi sanguigni, formando un aneurisma. Se un aneurisma si rompe, la vita del paziente è in serio pericolo.
  • Insufficienza cardiaca. Per continuare a pompare il sangue nonostante la pressione eccessiva dei vasi sanguigni, il cuore si ingrossa e finisce per avere difficoltà a pompare sangue a sufficienza per soddisfare le richieste dell’organismo: la situazione risultante è detta insufficienza cardiaca.
  • Ostruzione o rottura di un vaso sanguigno cerebrale. L’ipertensione nelle arterie dirette al cervello può rallentare il flusso sanguigno diretto al cervello, oppure provocare lo scoppio di un vaso sanguigno cerebrale (ictus).
  • Indebolimento e restringimento dei vasi sanguigni dei reni. Possono impedire ai reni di funzionare normalmente.
  • Ispessimento, restringimento o rottura dei vasi sanguigni degli occhi. Possono causare gravi problemi di vista, e addirittura la cecità.
  • Sindrome metabolica. Questa sindrome è un insieme di disturbi del metabolismo e comprende: aumento di peso e adipe concentrata sul girovita, trigliceridi alti, diminuzione del colesterolo HDL o lipoproteina ad alta densità (colesterolo “buono”), pressione alta e livelli di insulina alti. Se soffrite di ipertensione, rischiate maggiormente di soffrire anche degli altri componenti della sindrome metabolica. Più componenti avete, maggiori rischi correte di soffrire di diabete, di malattie cardiache o di colpi apoplettici.
  • Disturbi cognitivi. L’ipertensione, se non viene tenuta sotto controllo, può avere ricadute negative sul pensiero, sulla memoria e sull’apprendimento. I problemi di memoria o di comprensione sono più frequenti tra chi soffre di ipertensione.

Immagine che rappresenta le principali complicazioni associate alla pressione alta

Principali complicazioni dell’ipertensione

Gravidanza

L’ipertensione è il problema di salute più comune durante la gravidanza ed interessa circa il 2-3% delle gestanti.

Si parla di ipertenzione gestazionale quando la pressione arteriosa sistolica superiore a 140 mmHg e/o pressione arteriosa diastolica superiore a 90 mmHg, a seconda dei casi ed in assenza di trattamento le conseguenze possono essere più o meno gravi.

Ipertensione gestazionale

Settimane: 0 → 20

Diagnosticata se si sviluppa

  • prima della gravidanza,
  • durante la gravidanza ma prima di 20 settimane,
  • o dura più di 12 settimane dopo il parto.

Preeclampsia

Settimane: 20 → 40

Diagnosticata quando l’incremento pressorio rilevato dopo la 20ª settimana di gestazione in donne precedentemente senza problemi di pressione, si accompagna a presenza di proteina nell’urina (proteinuria).

Eclampsia

Settimane: 20 → 40

Si parla di eclampsia quando alla sintomatologia classica si associano crisi convulsive.

Sindrome HELLP

Settimane: 20 → 40

Sindrome HELLP è una sindrome caratterizzata, come evidenzia lo stesso acronimo inglese HELLP (H=hemolysis, E=elevated, L=liver enzimes, L=low, P=platelets) da emolisi, aumento del valore sierico degli enzimi epatici, piastrinopenia.

Tenere sotto controllo la pressione

Sfortunatamente la pressione alta non può essere curata in modo definitivo, però è possibile tenerla sotto controllo. Controllare l’ipertensione è un impegno che deve durare per tutta la vita e comporta cambiare alcune abitudini alimentari e dello stile di vita. Per riportare la pressione alla normalità, possono anche essere necessari farmaci.

Le visite mediche di controllo sono essenziali per accertarsi che l’ipertensione sia davvero sotto controllo e non provochi malattie più gravi. Dimagrire e fare esercizio fisico, insieme alle modifiche della dieta, spesso sono sufficienti per scongiurare questi rischi.

Per la dieta possono essere utili queste indicazioni:

  • Dieta e diabete
  • Dieta e colesterolo

Tra le modifiche della dieta ricordiamo la minore assunzione di sale e di grassi. Le parole “sale”, “sodio” e “Na” scritte sulle etichette significano che l’alimento contiene sale. L’organismo ha bisogno soltanto di 3.000 mg (3 grammi) di sodio al giorno; i prodotti che contengono bicarbonato, lievito e salsa di soia di solito sono molto ricchi di sodio. Lo stesso discorso vale per gli alimenti in scatola.

La maggior parte delle persone ama il sapore salato degli alimenti, però anche la cucina con poco sale, o addirittura assente, può essere molto saporita. Per dare ai piatti un ottimo sapore è possibile usare i sostituti del sale o le diverse spezie. Prima di usare un sostituto del sale, chiedete consiglio al vostro medico.

Mangiare meno grassi aiuta non solo a dimagrire e ad abbassare la pressione, ma anche a prevenire gli infarti e i colpi apoplettici non collegati all’ipertensione.

Gli esercizi aerobici sono efficaci per ridurre la pressione e anche per dimagrire. Aiutano anche a migliorare la capacità cardiaca e diminuiscono la probabilità di infarto. Camminare, andare in bicicletta e nuotare sono tutti esempi di esercizi aerobici. Il body building, invece, non è un esercizio aerobico. Prima di iniziare un’attività, chiedete il parere del medico, perchè per esempio lo stesso body building potrebbe far aumentare la pressione.

Cura e terapia

Se una dieta sana e l’esercizio fisico non sono sufficienti per diminuire la pressione, il medico potrebbe prescrivervi farmaci appositi: alcuni di essi potrebbero avere effetti collaterali, se ne avvertite non fatevi scoraggiare e non interrompete la terapia di vostra iniziativa, ma chiedete consiglio al medico. Potrà farvi cambiare farmaco oppure adeguare il dosaggio in modo da diminuire l’incidenza degli effetti collaterali.

I farmaci antiipertensivi di solito vanno assunti per molto tempo, in alcuni casi anche per tutta la vita. I controlli regolari dal medico sono essenziali per capire se il farmaco è efficace o meno.

Il medico o lo specialista possono capire se i farmaci e le dosi che state assumendo contro l’ipertensione sono adeguati: probabilmente dovrete adeguare nel tempo i farmaci per arrivare alla combinazione e alle dosi ottimali, talvolta anche da una stagione all’altra (le temperature fredde tendono a far aumentare la pressione). Il medico potrebbe anche prescrivervi altri farmaci, ad esempio un diuretico più potente o ad azione prolungata, se già non ne state assumendo uno. Il medico potrebbe anche consigliarvi i diuretici non tiazidici, come lo spironolattone, che modificano l’attività di assorbimento del sodio e di escrezione del potassio bloccando l’ormone aldosterone.

Inoltre, il medico potrà rivedere insieme a voi i farmaci che assumete per curare altre malattie. Alcuni farmaci, alimenti od integratori alimentari sono in grado di aggravare l’ipertensione oppure di impedire agli antiipertensivi di funzionare correttamente. Parlate apertamente e francamente col medico di tutti i farmaci e integratori che siete soliti assumere.

Se non assumete gli antiipertensivi seguendo i consigli del medico, la pressione potrebbe risentirne, se saltate le dosi perché non vi potete permettere il farmaco, perché avvertite effetti collaterali o perché semplicemente ve ne dimenticate, chiedete aiuto al medico. Non modificate la terapia se non sotto stretto controllo medico.

Ipertensione resistente

Se la pressione non accenna a diminuire anche se avete provato ad assumere almeno tre tipi diversi di antiipertensivi, di cui uno della categoria dei diuretici, potreste essere affetti da ipertensione resistente. L’ipertensione resistente si chiama così perché resiste alla terapia, anche chi riesce a tenere sotto controllo la pressione solo assumendo contemporaneamente quattro tipi di farmaci è considerato affetto da ipertensione resistente.

Se si soffre di ipertensione resistente non è automaticamente detto che la pressione non si abbasserà mai perchè, se voi e il vostro medico riuscite a capire che cosa c’è dietro alla pressione sempre molto alta, ci sono buone possibilità che riusciate a raggiungere il vostro obiettivo con l’aiuto della terapia più efficace. Se il vostro medico di famiglia non è in grado di scoprire la causa potrebbe essere necessaria una visita specialistica: è poi possibile che la pressione alta sia dovuta a un’altra malattia che non sapete di avere, ad esempio l’apnea notturna o problemi a reni. Probabilmente sarà necessario seguire con maggior attenzione i consigli relativi allo stile di vita.

Stile di vita e rimedi pratici

Modificare lo stile di vita può essere utile per tenere sotto controllo l’ipertensione e per prevenirla, anche nel caso in cui siate già in terapia con farmaci antiipertensivi. Ecco alcuni consigli utili:

  1. Seguite una dieta sana. Provate a seguire la dieta DASH, una dieta apposita per l’ipertensione, che dà la preferenza alla frutta, alla verdura, ai cereali integrali e ai derivati del latte a basso contenuto di grassi. Fate scorta di potassio, che vi aiuterà a prevenire e tenere sotto controllo l’ipertensione. Assumente meno grassi saturi e meno grassi in generale.
  2. Diminuite la quantità di sale nella dieta. 2.400 milligrammi (mg) di sodio al giorno rappresentano il limite massimo per gli adulti sani, però limitare l’apporto di sodio a 1.500 mg al giorno avrà un effetto ancora più dirompente sulla pressione. È possibile diminuire la quantità di sale da cucina, magari rinunciano alla saliera, però si dovrebbe anche far attenzione alla quantità di sale nascosta negli alimenti conservati, come nello scatolame o nei surgelati.
  3. Mantenete il peso forma. Se siete sovrappeso, potete diminuire la pressione dimagrendo anche solo di due o tre chili.
  4. Fate più attività fisica. L’attività fisica regolare può aiutarvi a diminuire la pressione e a tenere il peso sotto controllo. Cercate di fare almeno mezz’ora di movimento al giorno.
  5. Non eccedete con l’alcool. Anche se siete sani, l’alcool può far aumentare la pressione. Se scegliete di bere, fatelo con moderazione, e bevete al massimo un bicchiere al giorno se siete donne o avete più di 65 anni, oppure due bicchieri se siete uomini.
  6. Non fumate. Il tabacco danneggia le pareti dei vasi sanguigni e velocizza il processo di indurimento delle arterie; il medico può aiutarvi prescrivendo un farmaco per smettere di fumare.
  7. Combattete lo stress. Diminuite lo stress il più possibile. Imparate e mettete in pratica le tecniche per combatterlo, come il rilassamento e la respirazione profonda. Anche dormire a sufficienza potrà esservi utile.
  8. Misuratevi la pressione a casa. La misurazione della pressione a casa può aiutare voi e il vostro medico ad avere misurazioni più ravvicinate, a capire se i farmaci sono efficaci e persino a riconoscere tempestivamente le potenziali complicazioni. Se la pressione è sotto controllo e ve la misurate a casa, magari potrete risparmiarvi qualche visita medica.

Terapie alternative

La dieta e l’esercizio fisico sono gli approcci migliori per diminuire la pressione, però anche alcuni integratori possono rivelarsi utili. Tra di essi ricordiamo per esempio l’aglio, ma nel complesso di una dieta sana, mirata alla prevenzione cardiovascolare, possono essere prescritte anche altre sostanze (acido folico, acidi grassi omega 3, fibra, …).

Fermo restando che è meglio inserire queste sostanze all’interno della propria dieta, vi ricordiamo che sono comunque disponibili sotto forma di capsule, pastiglie o bustine. Prima di aggiungere uno qualsiasi degli integratori che abbiamo elencato alla terapia antiipertensiva, chiedete consiglio al medico, alcuni integratori potrebbero infatti interagire con i farmaci e provocare effetti collaterali pericolosi.

È anche possibile praticare le tecniche di rilassamento, come lo yoga o le tecniche di respirazione, per rilassarsi e diminuire lo stress. Queste pratiche sono in grado di abbassare la pressione, agendo al contempo anche sullo stress.

Fonte Farmaco e Cura: http://www.farmacoecura.it/malattie/pressione-alta-sintomi-cause-rimedi/#steps_0

LEGGI ANCHE – L’ALIMENTAZIONE NELL’IPERTENSIONE

Giu23
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Diabete: il pancreas artificiale funziona davvero

By Redazione - Diabetologia,Endocrinologia,Medicina,News

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Il mercato si sta preparando ad accoglierli. Entro un paio d’anni saranno in vendita i nuovi dispositivi che monitorano la glicemia e rilasciano l’insulina in automatico. Secondo uno studio su Lancet funzionano veramente: migliorano il controllo glicemico.

Per ora la Food and Drug Administration ha concesso l’approvazione a un unico dispositivo, ma le aziende e i ricercatori di tutto il mondo, stanno lavorando da anni alla produzione di pancreas artificiali in grado di competere e di superare il prodotto di Medtronic già in commercio negli Stati Uniti. Tra loro c’anche il team dell’Università di Padova, pronto a entrare nel mercato entro un paio di anni al massimo. Chi soffre di diabete di tipo 1 ultimamente tiene gli occhi puntati su questa innovativa tecnologia che promette di cambiargli la vita. Ma è veramente così?

A leggere i risultati di una meta-analisi pubblicati su Lancet Diabetes & Endocrinology sembra che le speranze dei pazienti siano ben riposte.

Il pancreas artificiale è un sistema a circuito chiuso costituito da un sensore del glucosio e una pompa per l’infusione dell’insulina sottocutanei. I valori della glicemia vengono trasmessi via wirless a un software che gestisce in modo automatico l’erogazione dell’insulina. Per i pazienti è un bel sollievo: i tanto fastidiosi e continui controlli della glicemia vengono delegati a sofisticati e più affidabili algoritmi.

L’analisi di Lancet ha preso in considerazione 24 trial clinici randomizzati che hanno coinvolto in tutto 585 pazienti con diabete 1, sia adulti che bambini. I pancreas artificiali in sperimentazione, sia quelli a un solo ormone (insulina) che quelli a due ormoni (insulina e glucagone) sono stati messi a confronto con i sistemi tradizionali di controllo della patologia.

«Il verdetto finale è che tutti i dispositivi artificiali funzionano – afferma Alanna Weisman, del Mount Sinai Hospital dell’ University of Toronto a capo dello studio – Ci aspettiamo che alcuni di questi strumenti irrompano nel mercato tra uno o due anni al massimo e che ci saranno sviluppi molto interessanti in questo settore».

Uno dei principali punti di forza dei nuovi dispositivi, secondo la meta-analisi del Lancet, è la capacità di aumentare il periodo di tempo in cui i pazienti si trovano all’interno del range di valori sicuri.

Non è una cosa da poco. I diabetici monitorati con i pancreas artificiali mantengono più a lungo (12,6 per cento in più)  i livelli di glicemia nella norma, guadagnando 172 minuti al giorno di valori accettabili.  Di conseguenza si riducono gli episodi di ipoglicemia. Con la nuova tecnologia i diabetici di tipo 1 potrebbero infatti risparmiarsi ogni giorno 35 minuti di ipoglicemia riducendo il rischio di complicanze del 50 per cento.

«Lo scopo principale di questi dispositivi – spiega Weisman – è di sollevare i pazienti dalle decisioni da prendere. Questi sistemi sono veramente efficaci nell’aumentare il tempo all’interno del range target e c’è la possibilità che possano migliorare ancora in futuro».

I pancreas artificiali che saranno presto sul mercato insomma, secondo lo studio di Lancet, funzionano. Resta però un’incognita: come faranno i sistemi sanitari a rendere accessibili ai pazienti dispositivi tanto costosi?

Fonte HealthDesk: http://www.healthdesk.it/medicina/diabete-pancreas-artificiale-funziona-davvero

Giu19
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Endocrinologia e Prevenzione: intervista alla Dott.ssa Rachele Fornari

By Redazione - Diabetologia,Endocrinologia

La Dott.ssa Rachele Fornari, ha aderito alla Campagna di Prevenzione avviata dallo Studio Diagnostico Pantheon il 1° gennaio di quest’anno. L’endocrinologia è la branca della medicina che si occupa dello studio delle ghiandole endocrine (le ghiandole che producono ormoni) e delle loro funzioni. La Dott.ssa Fornari ci parla dell’importanza della Prevenzione endocrinologica volta ad individuare sintomi o segni, spesso sottovalutati dal paziente o perché sfumati o perché vengono avvertiti come un  semplice peggioramento della qualità di vita, che possono nascondere il malfunzionamento delle ghiandole endocrine che regolano il metabolismo di vari organi e tessuti. Ci spiega quali esami diagnostici, strumentali o biochimici si debbano effettuare per diagnosticare le varie patologie endocrinologiche quali osteoporosi, problemi alla tiroide, obesità…

Visita la sezione dedicata all’Endocrinologia e Diabetologia 

Giu13
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Da mangiarsi le unghie a trattenere la pipì: 11 abitudini da eliminare

By Redazione - News

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Potrebbero sembrare dei comportamenti del tutto innocui, ma nel corso del tempo possono invece rischiare di provocare dei danni all’organismo, ecco perché è bene interrompere questo circolo vizioso prima che diventi un problema più serio.

Mangiarsi le unghie

Un recente studio canadese ha evidenziato che mangiarsi le unghie può dipendere da noia e frustrazione, due tratti comuni ai perfezionisti. Di certo, però, quest’abitudine è tutto fuorché salutare. «Mangiarsi le unghie può causare danni alle unghie e provocare un’infezione della pelle circostante, nota come paronichia – avverte il dottor Asif Ansari, direttore medico del Montefiore Medical Group, sul Reader’s Digest – e si corre pure il rischio d’introdurre germi nell’organismo, con conseguenti problemi respiratori». Ma questo vizio nasconde anche una ragione psicologica, che dev’essere affrontata. «Di solito, mangiarsi le unghie è un’abitudine inconscia, spesso aggravata dall’ansia che, pur non essendo pericolosa di per sé, può però influenzare negativamente la qualità della vita», sottolinea il dottor Grant Fowler, membro dello staff medico del Memorial Hermann-Texas Medical Center.

Trattenere la pipì

Non urinare dalle quattro alle sette volte al giorno (ovvero, almeno ogni quattro-sei ore) può indicare una mancanza d’idratazione, senza contare che diverse ricerche hanno confermato che trattenere la pipì troppo a lungo può allungare effettivamente la vescica, dando luogo ad una condizione nota come “sindrome della vescica pigra”.«L’urina è paragonabile ad un torrente o ad un fiume – rileva il dottor Fowler – di conseguenza, quando viene bloccata, il flusso ristagna, dando così l’opportunità ai batteri di proliferare nella vescica e magari risalire fino ai reni, mentre lasciarla scorrere minimizza il rischio d’infezione».

Masticare chewing gum in continuazione

C’è chi consuma grandi quantità di chewing gum per avere sempre l’alito fresco o per alleviare la tensione, sul modello delle palline anti-stress, ma questo movimento continuo potrebbe finire con l’aggravare la pressione sulla mandibola. «L’articolazione temporomandibolare, posta alla sommità della mandibola, è sinoviale, ovvero dello stesso tipo di quella delle ginocchia –spiega la dottoressa Jeannette South-Paul, a capo del dipartimento di medicina della famiglia presso la Schools of the Health Sciences dell’Università di Pittsburgh – e se viene usata troppo, può dare origine ad artrite e dolore». Non bastasse, il National Institute of Diabetes and Digestive and Kidney Diseases ha rilevato che deglutire troppa aria può causare disturbi allo stomaco.

Saltare la pulizia dei denti

Sebbene studi recenti abbiano messo in dubbio l’effettiva efficacia del filo interdentale, ciò non significa che ci si debba dimenticare dell’igiene orale. «Evitare di lavare i denti è uno dei maggiori fattori di rischio per la carie – rammenta infatti il dottor Fowler – e una bocca non sana può portare ad infezioni e ad altre patologie, fra cui malnutrizione, soprattutto nelle persone anziane, e disturbi cardiocircolatori». Vero, il legame coi problemi al cuore non è stato ancora del tutto chiarito, ma diverse ricerche lo hanno comunque evidenziato, ipotizzando che i batteri nel cavo orale possano riversarsi nel flusso sanguigno, scatenando così un’infiammazione dei vasi sanguigni.

Fissare lo schermo del computer tutto il giorno

Secondo l’American Optometric Association, il lavoratore americano medio passa sette ore a fissare il monitor di un computer e questo è tutto fuorché un bene per la vista. «Fissare lo schermo di un computer per lunghi periodi di tempo può provocare problemi visivi che spaziano dall’affaticamento oculare al danno alla retina», conferma il dottor Ansari. Non a caso, un’indagine del National Eye Institute ha evidenziato come la miopia sia aumentata di oltre il 66% negli ultimi trent’anni, proprio a causa del tempo trascorso a fissare i monitor dei computer. Ecco perché sempre il dottor Ansari consiglia di seguire la regola del 20-20-20 (ovvero, ogni 20 minuti fare una pausa di 20 secondi per guardare qualcosa posta a 20 piedi (pari a poco più di 6 metri) di distanza) in modo da ridurre lo sforzo oculare ed aumentare, al contempo, il battito delle palpebre, così da impedire agli occhi di seccarsi ed irritarsi.

Restare seduti troppo a lungo

Se fissare un computer tutto il giorno non fa bene alla salute, anche starci seduto davanti per ore ha conseguenze negative, perché questo comportamentoaumenta i rischi associati ad una vita sedentaria, quali aumento di peso, diabete e ipertensione.

Stare stravaccati

Mantenere una postura corretta sia in piedi che da seduti è fondamentale, perché permette di alleviare la tensione sui muscoli della schiena, evitando così dolori a collo e spalle, come pure il rischio di ernie. Non solo, uno studio ha anche dimostrato che una cattiva postura può provocare la compressione dell’intestino, dando così origine a problemi digestivi e addominali, come pure diminuire la quantità di aria trattenuta nei polmoni, mentre altre ricerchehanno evidenziato un legame fra depressione e postura scorretta.

Portare una borsa pesante su una sola spalla

Una borsa capiente aiuta a sentirsi pronti ad ogni evenienza, ma a meno che non sia uno zaino, rischia anche di danneggiare la salute. «Quando si porta una borsa pesante solo su un lato, questo interferisce con l’angolo del collo e può provocare una pressione sui nervi, dando origine ad intorpidimento, formicolio e dolori a braccia e spalle», avverte la dottoressa South-Paul. Ecco perché l’American Chiropractic Association raccomanda di non portare una borsa che pesi più del 10% del proprio peso corporeo, di alternarla su entrambe le spalle e di non usare il telefonino con la stessa mano per non aggravare ulteriormente gli effetti negativi di questa già pessima abitudine. E anche gli uomini non sono immuni da rischi: in questo caso, sotto accusa è la consuetudine di mettere il portafoglio nella tasca posteriore dei pantaloni, che può finire col provocare danni alla schiena.

Indossare le scarpe sbagliate

Le amanti dei tacchi sono consapevoli di mettere costantemente a rischio la loro salute perché – come spiega sempre la dottoressa South-Paul «le donne non sono state create per camminare coi tacchi alti e questo le predispone a tutta una serie di problemi, che spaziano dall’alluce valgo al fastidio al tendine d’Achille». Ma non sono solo i tacchi sotto accusa. Uno studio condotto dall’Università di Auburn ha infatti evidenziato che le infradito modificano sensibilmente il modo di camminare e che questo può provocare danni a piedi, fianchi e zona lombare. Ecco perché è preferibile scegliere scarpe che garantiscano un giusto supporto a piede e caviglia, cambiandole spesso – soprattutto nel caso delle scarpe da corsa – per garantire il giusto appoggio plantare ed evitare così il rischio di fratture.

Andare a letto a tutte le ore

Un buon sonno è fondamentale per il benessere generale, quindi sarebbe meglio evitare di cedere alla tentazione di restare alzati fino a tardi o di dedicarsi ad attività che possano poi influire negativamente sulla capacità di addormentarsi, per non compromettere la qualità del riposo. E attenzione anche alla sveglia, o meglio al tasto “snooze” che, come spiegano alcuni esperti, se viene pigiato troppo spesso provoca un nuovo ciclo del sonno che non si ha però il tempo di completare, col risultato di sentirsi intontiti e stanchi per tutta la giornata.

Non usare la crema solare nel modo corretto

Sappiamo tutti quanto importante sia la crema solare, ma ancora più importante è applicarla nel modo giusto, ovvero senza tralasciare alcune zone per il desiderio di fare in fretta. Il che significa non dimenticare cuoio capelluto (anche se si hanno i capelli), palpebre, labbra, collo e ascelle, come pure lo spazio fra le dita dei piedi e attorno alle unghie e persino le orecchie che, secondo la Cleveland Clinic, sono la terza location più comune del cancro alla pelle. E dopo il bagno in mare o in piscina è bene ricordarsi di applicare nuovamente la crema solare, così da non lasciare mai la pelle priva della protezione di cui ha bisogno.

Fonte il Corriere della Sera: http://www.corriere.it/salute/dermatologia/cards/da-mangiarsi-sempre-unghie-non-usare-protezione-solare-11-cattive-abitudini-eliminare/mangiarsi-unghie_principale.shtml

Giu12
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Hai perso peso senza essere a dieta? Ecco otto possibili cause

By Redazione - Alimentazione,Endocrinologia,Nutrizione,Oncologia,Reumatologia

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Piccole fluttuazioni di peso durante l’anno sono da considerarsi normali, ma se il calo è più significativo e, soprattutto, senza motivo, è bene sottoporsi a un controllo, perché potrebbe essere la spia di una patologia seria.

Premessa: no alla schiavitù della bilancia

Tenere sotto controllo il proprio peso è senz’altro utile, ma ciò non significa che bisogna diventarne schiavi. «In epoca attuale, con tutte le varie app di “food-tracking” e “weight-tracking” che ci sono a disposizione, il rischio è molto più quello di un eccesso di controllo che non di una carenza – avverte infatti il dottor Stefano Erzegovesi, Specialista in Psichiatria e Scienza dell’Alimentazione presso il Centro Disturbi Alimentari dell’Ospedale San Raffaele Turro – quindi, in assenza di patologie specifiche, va bene pesarsi ma non più di una volta al mese, al mattino e a digiuno e sempre nel medesimo giorno della settimana». Premesso ciò, nel caso in cui si notassero delle fluttuazioni nel peso non imputabili a una specifica volontà dimagrante, è però essenziale riuscire a capirne la causa, perché potrebbero nascondere altro.

Problemi alla tiroide

Uno dei sintomi più comuni dell’ipertiroidismo (ovvero, quando la tiroide è iper-attiva) è la perdita di peso. «Se si sospetta un problema alla tiroide, probabilmente si avvertirà anche un appetito crescente o si soffrirà di palpitazioni – sottolinea la dottoressa Anne Cappola, endocrinologa e docente di medicina presso l’Università della Pennsylvania – ma si potrebbero anche avere disturbi del sonno o avvertire una continua sensazione di calore».

Malattie intestinali

La celiachia – ovvero, l’infiammazione cronica dell’intestino tenue, scatenata dall’ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti – può provocare una perdita di peso ed è in genere accompagnata anche da altri disturbi gastrointestinali, come la dissenteria. «Anche un problema al pancreas, che produce gli enzimi che aiutano la digestione, potrebbe comportare a un dimagrimento improvviso», osserva Jamile Wakim-Fleming, gastroenterologa presso la Cleveland Clinic, che a tal proposito consiglia di fare attenzione a sintomi quali dolori addominali, feci chiare o nausea dopo l’assunzione di cibi particolarmente grassi, come ad esempio gli hamburger.

Diabete

Soprattutto nella fase iniziale, il diabete di nuova insorgenza può provocare una perdita di peso. «In alcuni casi si potrebbe anche avvertire una sete immotivata, unita a un continuo e impellente bisogno di urinare», aggiunge la dottoressa Cappola. Non solo, il diabete può anche spingere l’organismo a prendere dai muscoli il nutrimento di cui ha bisogno, il che spiega l’improvviso dimagrimento.

Depressione

Insieme all’irritabilità e ai problemi del sonno, la perdita di appetito è un altro degli effetti collaterali più comuni della depressione, nonché quello che può scatenare un significativo calo di peso. «Spesso le persone non si accorgono nemmeno che stanno dimagrendo, perché sono impantanate nella depressione», sottolinea ancora la Cappola.

Artrite reumatoide

Come spiega la dottoressa Kerry Hildreth, specializzata in medicina interna e assistente di geriatria presso l’Università del Colorado, «condizioni infiammatorie come l’artrite reumatoide o altri tipi di infezioni possono azzerare l’appetito del paziente, causando di conseguenza una sensibile riduzione del peso corporeo. Non bastasse, questi disturbi possono anche scatenare un’infiammazione dell’intestino, influendo sulla sua capacità di assorbimento dei nutrienti e provocando così il dimagrimento».

Dieta scarsa

In età matura, il dimagrimento – e non già l’aumento di peso – è spesso associato ad un maggiore rischio di mortalità. «È quello che molti esperti definiscono “il paradosso dell’obesità” – puntualizza ancora la Hildreth – e si spiega col fatto che, con l’avanzare degli anni, lo stomaco tende a svuotarsi più lentamente, il che fa sentire sazi più a lungo, mentre alcuni dei impulsi cerebrali che controllano l’appetito e la sazietà si attenuano. Tutto questo spinge le persone anziane a mangiare meno, ma così facendo privano il loro organismo dei nutrienti di cui ha bisogno e finiscono irrimediabilmente col dimagrire». È bene poi fare attenzione anche ai farmaci, perché alcuni di questi, come rileva ancora la geriatra statunitense, «possono ridurre sensibilmente l’appetito, quindi è opportuno controllare attentamente sia la quantità del cibo ingerito sia la frequenza con cui si mangia».

Cancro

Diversi tipi di tumore, come pure un’ulcera a livello dello stomaco o dell’intestino, possono causare infiammazioni o problemi di malassorbimento che portano ad un dimagrimento improvviso. «Quando un paziente viene da me lamentando un’inspiegabile perdita di peso, la prima cosa che faccio è controllare stomaco, colon e intestino alla ricerca di un possibile cancro o di un’infiammazione – ammette la dottoressa Wakim-Fleming – dopo di che cerco anche eventuali tumori nell’esofago, che possono rendere difficoltosa la digestione».

Disturbo del comportamento alimentare

Perdite di peso lente ma persistenti, soprattutto negli adolescenti, possono essere la spia di un disturbo del comportamento alimentare, come ad esempio un’anoressia nervosa o anche un inizio di ARFID (Avoidant Restrictive Food Intake Disorder – ovvero, “disturbo evitante restrittivo nell’assunzione del cibo”), malattia nuovissima (il nome è stato coniato nel 2013) e ancora poco conosciuta. «Questo disturbo può manifestarsi a tutte le età, ma più frequentemente nell’infanzia e nell’adolescenza – spiega sempre Erzegovesi – e chi ne soffre, mangia una gamma molto ristretta di cibi e si rifiuta di assaggiarne di nuovi. In età infantile possono sembrare capricci, e in alcuni casi lo sono davvero, ma se questo comportamento causa perdita di peso, difficoltà di crescita e necessità di supplementi nutrizionali, allora si tratta di ARFID ed è quindi opportuno intervenire sul disturbo, facendo seguire il bambino da un’equipe specializzata, composta da pediatra, neuro-psichiatra infantile e psicologo. Nel caso invece degli adolescenti, è bene attuare interventi nutrizionali e psicologici mirati all’aumento graduale del peso e al supporto nella gestione dell’ansia e delle emozioni negative. In ogni caso, l’importante è non trascurare il problema, perché segnale di un malessere che, se non curato, potrebbe diventare cronico».

Fonte Il Corriere della Sera: http://www.corriere.it/salute/reumatologia/cards/quando-si-perde-peso-senza-essere-dieta-8-possibili-cause-quando-preoccuparsi/premessa-no-schiavitu-bilancia_principale.shtml

Giu9
00

Emergenza sangue, il 14 giugno si potrà donare davanti al Messaggero con i volontari della Polizia

By Redazione - Ematologia,News

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Le vite da salvare sono sempre di più mentre i donatori di sangue, soprattutto fra i giovani, continuano a diminuire. E l’Italia resta in fondo alla classifica europea: i volontari sono solo il 23% della popolazione rispetto al 66% dell’Austria, la nazione più generosa.
E’ in questa situazione di emergenza che il 14 giugno, Giornata mondiale delle donazioni di sangue voluta dall’Oms, la Polizia di Stato e Il Messaggero hanno deciso di scendere in campo.

SOLIDARIETA’
Dalle 8 alle 11 un’autoemoteca sosterà davanti alla sede del giornale in via del Tritone, a due passi da piazza di Spagna e dalla metro Barberini, per accogliere tutti coloro che vorranno donare (a digiuno, lo ricordiamo, chi vuole può anche prenotarsi segreteria@donatorinati.it) e per illustrare gli aspetti di una scelta di civiltà e solidarietà che permette anche di tenere sotto controllo la propria salute: ogni donatore riceverà infatti a casa l’esito delle numerose analisi effettuate contestualmente alle donazioni destinate al Centro di emotrasfusione del Gemelli.

A mobilitarsi, con il sostegno della redazione del Messaggero, sarà l’associazione DonatoriNati della Polizia presieduta da Claudio Saltari: «Puntiamo a diffondere una sempre maggiore cultura della donazione, soprattutto fra i giovani. Come poliziotti e come donatori sentiamo questa esigenza con un ulteriore dovere civico nei confronti dei cittadini».

L’invito vale anche per chi non ha intenzione o non può donare: parlando con i volontari di DonatoriNati magari lo farà in una prossima occasione dopo aver appreso che il Lazio riesce storicamente a fronteggiare la necessità di sangue solo grazie alle continue compensazioni di regioni virtuose (guida il Piemonte con il 32% di cessioni) e che i mesi estivi sono all’insegna della costante emergenza per il calo delle donazioni, come sanno bene al Gemelli la cui equipe diretta da Gina Zini accoglierà mercoledì i volontari sul mezzo del Centro regionale sangue.

L’EMERGENZA
Una situazione allarmante sottolineata dal Centro nazionale sangue: in controtendenza europea, nel 2016 i donatori italiani sono stati 1 milione e 688mila, 40mila in meno (-2.3%) dell’anno prima e cifra più bassa dal 2011, mentre le persone che hanno ricevuto trasfusioni sono state 660mila (+3.7%). Il sistema Italia resta così in precario equilibrio solo grazie alla regioni più generose.

Fonte Il Messaggero: http://salute.ilmessaggero.it/roma/cronaca/emergenza_sangue_il_14_giugno_donazioni_messaggero_volontari_polizia-2488098.html

Giu5
00

Infarto ed ictus: sintomi, cause e prevenzione

By Redazione - Cardiologia,Neurologia

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Infarto ed ictus insieme uccidono 13 milioni di persone, mentre con le altre patologie cardiovascolari costituiscono la prima causa di morte nel mondo e sono responsabili di un terzo della mortalità globale.

 Eppure ben l’80% di queste morti potrebbero essere evitate se si prestasse più attenzione ai fattori di rischio come il tabacco, l’alimentazione scorretta e l’inattività fisica.

Fra le tante patologie, l’infarto e l’ictus sono considerati eventi cardiovascolari maggiori e colpiscono in egual misura donne e uomini. Il rischio d’infarto per la donna è inferiore prima della menopausa poi, oltrepassata questa fase, il rischio diventa uguale a quello dell’uomo.

Infarto ed ictus sono dovuti per la maggior parte dei casi al mancato apporto di sangue al cuore o al cervello; ciò è determinato in buona percentuale dall’arteriosclerosi, patologia in cui i vasi diventano via via più stretti e meno flessibili a causa del deposito di grassi sulle loro pareti interne. In questa situazione è chiaro che un coagulo di sangue ha maggiore probabilità di ostruire un vaso.

I vasi più colpiti sono le coronarie e quelli che apportano sangue al cervello: i tessuti del cuore e del cervello, a seguito dell’ostruzione, andranno incontro ad ischemia, ipossia (mancanza di ossigeno), e necrosi.

Un’altra causa di ictus può essere la rottura ed il sanguinamento di un vaso del cervello che danneggia i tessuti, si parla così di emorragia cerebrale ed il principale fattore di rischio è l’ipertensione.

Fattori di rischio

Possono essere classificati in non modificabili, modificabili ed intermedi.

Nei primi rientrano l’invecchiamento, la familiarità, lo stress e l’ambiente in cui si vive. Quelli modificabili invece sono quelli su cui può agire efficacemente una corretta prevenzione e sono, come già accennato, il fumo, la dieta scorretta e l’assenza di moto.

I sanitari infatti possono agire consigliando ai propri pazienti stili di vita più consoni ed incoraggiando gli screening nei soggetti con familiarità per le malattie cardiovascolari, gli ultracinquantenni, le donne in gravidanza, gli ipertesi ed i diabetici.

Se questi fattori di rischio modificabili, cioè le cattive abitudini, sono protratti nel tempo danno origine ai fattori di rischio intermedi: ipertensione, diabete, obesità, aumento dei trigliceridi ed ipercolesterolemia.

Ad esempio l’ipertensione è il principale fattore di rischio per l’infarto ed uno dei più importanti fattori di rischio cardiovascolare: chiamato anche killer silenzioso, poichè non dà sintomi chiari,  richiede  una misurazione della pressione sanguigna almeno una volta l’anno.

Il diabete raddoppia il rischio cardiovascolare: esso infatti favorisce l’insorgere dell’arteriosclerosi e causa danni a vari organi e tessuti. Si parla di diabete quando a digiuno il livello di zuccheri nel sangue supera i 126 mg/dl e coloro che hanno valori compresi tra 110 e 126 mg/dl sono considerati ad alto rischio di svilupparlo nel tempo.

Alti livelli di colesterolo nel sangue sono responsabili di un terzo delle malattie cardiovascolari. Il colesterolo viene trasportato nel sangue da due differenti forme di lipoproteine: le HDL trasportano il colesterolo “buono” in quanto questo viene eliminato, mentre le LDL tendono a depositare il colesterolo sulle pareti dei vasi aumentando quindi il rischio di ostruzione. Le norme europee danno alcuni valori guida relativi al colesterolo: colesterolo totale inferiore a 190 mg/dl , colesterolo HDL superiore a 40 mg/dl nell’uomo e a 46 mg/dl nella donna, colesterolo LDL inferiore a 115 mg/dl. Così anche i trigliceridi è importante che siano controllati, il loro valore deve essere inferiore a 150 mg/dl.

Prevenzione

Per prima cosa cercare di essere attenti nel riconoscere i sintomi, infatti due terzi degli infartuati arrivano in ospedale troppo tardi ed il 60% di coloro che sono colpiti da ictus, anche se curati nel modo migliore possibile, muore o rimane invalido. E’ dunque di fondamentale importanza la rapidità d’intervento, se ci pensiamo bene il cuore ed il cervello sono gli organi più irrorati di sangue proprio perché non possono sopravvivere a lungo senza ossigeno.

Impariamo quindi a riconoscerne i sintomi.

Sintomi dell’infarto

L’infarto di solito si presenta in modo acuto ed intenso, ma a volte può nascere in sordina con poco dolore, lieve malessere; in caso di dubbio è meglio recarsi al pronto soccorso. Nelle crisi acute il sintomo principale è il forte dolore al centro del torace che persiste più di 20 minuti o è ricorrente; si raccomanda tuttavia di non aspettare così a lungo in presenza di altri sintomi o in pazienti a rischio, un intervento tempestivo può salvare la vita. Si consiglia in genere di non aspettate più di 5 minuti per chiamare il 118. Oltre al dolore può essere avvertito un senso di oppressione, un bruciore o una morsa. Il dolore può irradiarsi alle braccia, alla spalla sinistra, ai gomiti, alla mascella ed alla schiena. Oltre al dolore è possibile che si avvertano altri sintomi come respiro corto, nausea, vomito, pallore, debolezza, sudori freddi. In alcuni pazienti diabetici a volte non si ha neppure il dolore, questo a causa di una neuropatia.

L’angina pectoris si verifica quando i vasi sanguigni sono parzialmente ostruiti ma il flusso non si arresta; si manifesta con un dolore acuto al torace che dura meno di 2 minuti ed è scatenato da un’attività fisica, da stress, da emozioni forti o da sbalzi anomali di temperatura. Chi soffre di angina è più a rischio di infarto rispetto ad altri pazienti quindi è bene monitorare i sintomi e recarsi al pronto soccorso se il dolore persiste nonostante il riposo o l’eventuale assunzione di farmaci vasodilatatori.

Sintomi dell’ictus

Il sintomo più comune dell’ictus è un’improvvisa debolezza ad un arto o indolenzimento di un lato del volto; si può inoltre avvertire confusione mentale, difficoltà di parola, perdita di equilibrio e di coordinazione. Il tutto può essere accompagnato da un fortissimo dolore alla testa anche con perdita dei sensi. A seconda della zona del cervello interessata, l’ictus può colpire una sola parte del corpo, tutto un lato o nei casi più gravi essere addirittura mortale.

L’ischemia temporanea si manifesta con sintomi simili a quelli dell’ictus, ma meno intensi, che si risolvono in breve tempo, spesso senza terapie. E’ comunque necessario recarsi al pronto soccorso perché l’ischemia temporanea potrebbe essere un segno premonitore di ictus.

Come agire sui fattori di rischio modificabili

  • Innanzitutto curare la dieta: mangiare almeno 400-500 g di frutta e verdura al giorno perché ,grazie al loro contenuto di anti-radicali liberi, proteggono i vasi e i tessuti del cuore e del cervello.
  • Diminuire l’uso di sale da cucina: l’OMS ha stimato che riducendo la quantità di sale giornaliera di 3 g farebbe scendere del 22% la mortalità da infarto e del 16% quella per malattie coronariche.
  • Consumare più fibre.
  • Limitare l’uso dei cibi grassi e fritti: i grassi saturi e quelli idrogenati sono più pericolosi perché aumentano il colesterolo LDL.
  • Consumare pesce almeno 2 volte alla settimana perché contiene i grassi omega 3 protettori delle arterie, eventualmente si possono assumere integratori alimentari.
  • Limitare il consumo di alcool, bere cioè non più di 2 bicchieri al giorno.

Non meno importante è tenere sotto controllo il peso sia con una dieta corretta che facendo attività fisica. L’indicatore primario per capire se si è in sovrappeso o no è l’indice di massa corporea (BMI) che è il rapporto tra il peso ed il quadrato dell’altezza espresso in metri. Se il BMI è maggiore di 25 si è in sovrappeso, se è maggiore di 30 si parla di obesità.

Risulta essere molto pericoloso il grasso addominale: il girovita per l’uomo non dovrebbe oltrepassare i 120 cm e nella donna gli 88 cm.

L’attività fisica è molto salutare in quanto riduce la glicemia, la pressione, i grassi nel sangue, lo stress e migliora la circolazione sanguigna e l’ossigenazione dei tessuti oltre a contribuire a tenere sotto controllo il peso.

E’ sorprendente constatare che l’inattività fisica porti ad accrescere il rischio cardiovascolare fino ad un 150%: è sufficiente spendere 30 minuti della propria giornata in attività fisica anche moderata come camminare, salire e scendere le scale ecc.

Fonte Farmaco e Cura: http://www.farmacoecura.it/prevenzione/infarto-sintomi-ictus-cause-prevenzione/#steps_0

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